BRICIOLE DI BONTÀ – Volume 2

Di seguito puoi leggere le briciole che ho scritto cliccando su ” + ” presente nella riga del titolo, dopo averla letta, se vuoi, cliccando sul testo della briciola la puoi scaricare o stampare per donarla ad una persona che ti sta a cuore, così contribuisci a diffondere Gioia, Conforto, Speranza e Amore.

Buona lettura!

IL PANE DELLA MAMMA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

IL PANE DELLA MAMMA

Quando

una donna diventa mamma,

una luce d’amore

si accende sulla terra.

Quando

una mamma muore,

una stella

si accende in cielo.

Alle prime ore dell’alba

la mamma

e’ spirata dolcemente.

La sua salma

è stata esposta tra i fiori

al centro del soggiorno.

In cascina si è fatto

un profondo silenzio,

come se fosse mancato

il cuore della famiglia .

Nel dolore

ricordare reca consolazione.

A uno dei figli ho chiesto:

“Qual è il ricordo della mamma

più bello per te?”.

Con

gli occhi gonfi

e la voce tremante mi ha risposto:

“ Il profumo del pane

che mi metteva

ogni mattina

sul sedile della macchina.”

Lui abita in paese;

parte da casa

prima che levi il sole

per essere a tempo in cascina.

La mamma

dalla finestra lo guardava

arrivare

e avviarsi al suo lavoro.

Poi prendeva un pane ,

lo farciva

più di amore che di cose buone

e andava a metterglielo

sul sedile della macchina.

Era un segno del suo cuore

che per i figli

si donava senza stancarsi.

Ora

quel pane di mamma

non c’è più

né sul tavolo di casa

né sul sedile della macchina .

E’ rimasto

il suo profumo

e insieme una certezza:

la mamma

sta preparando un altro pane

e attende quanti ha amato

per sedersi tutti insieme

al Banchetto del Cielo.

LA VERITA’ VI FARA’ LIBERI

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

LA VERITA’ VI FARA’ LIBERI

Quarant’anni:

sono

un fardello già pesantuccio

ma anche una buona fortuna.

Il tempo

offre un istante per volta

e subito lo sottrae

per non darlo mai più

Così la vita

passa veloce e inesorabile.

Quarant’anni:

ripensarli uno per uno,

rivederne le vicende

suscita l’emozione

delle grandi ricorrenze.

I coscritti

si sono dati appuntamento

al ristorante da 5 stelle

per la festa di classe

I posti alla lunga tavola

erano tutti occupati.

Tanti volti:

ognuno con la propria storia,

tutti con la stessa gioia

per essersi ritrovati.

Al centro

spiccava un viso diverso:

capigliatura bianca

guance leggermente affossate,

occhiali eleganti.

Era la loro maestra

delle scuole elementari.

Era stata invitata

come persona cara.

Tra i suoi ragazzi,

ormai cresciuti e navigati,

si sentiva soddisfatta,

aveva ripreso

la sua signorilità di allora.

Durante la festa vennero

rievocate cose belle,

rinsaldate amicizie.

Chiesi ai presenti

“Cosa ricordate

Della vostra maestra”?

Uno mi rispose che

era solita dire:

“Ai girini

basta una pozzanghera

per vivere e nuotare.

Voi

siete ragazzi ,

avete bisogno di tanta luce.

Cercate sempre la verità”

Educare

significa suscitare

la sete per tutto ciò che è

bello, buono , vero.

Gesù dice:

“La verità vi farà liberi”.

LA CAREZZA DELLA SUORA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

LA CAREZZA DELLA SUORA

 Percorrevo il corridoio dell’ospedale

quasi in punta di piedi

per non disturbare:

il soffrire dei malati

mette

compassione e rispetto.

Una suora

mi camminava davanti con passo svelto.

Sotto il braccio

teneva un catino

pieno di biancheria pulita.

La vidi raggiungere una nonna:

avanzava incerta e smarrita,

appoggiandosi al tripode

La suora si chinò,

le parlò nell’orecchio

e le fece una carezza

così grande

da avvolgere tutto il suo viso.

La nonna a voce alta disse:

“Grazie!

Questa carezza

mi fa bene

quanto

le medicine del dottore.”

  

Aveva

gli occhi pieni di luce ,

e il sorriso sulle labbra.

La suora ,

nel suo abito bianco mi pareva

L’angelo della Consolazione.

Quando le fui vicino, le dissi:

“Ho visto la sua carezza.

Ha fatto bene anche a me”

Ora

guardo una foto di giornale:

una donna-vescovo

della chiesa episcopaliana

vesta i parametri sacri,

ha la mitra in testa,

impugna il pastorale

innalza la mano per benedire.

E’ solenne,

ma io preferisco

la suora con il catino sotto il braccio:

è più materna

e la sua carezza

mi fa sentire quanto è grande

la dolcezza del mio Signore.   Sal 27 (26),4

STANCA NO!

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

STANCA NO!

Suor Chiara

la conobbi all’inizio

del mio ministero sacerdotale.

Faceva la portinaia:

era soddisfatta

come se facesse la superiora.

Apriva con sollecitudine

dopo aver sentito la risposta

al suo caratteristico:

“Chi è?”.

Aveva per tutti una parola buona.

Se occorreva, richiamava anche.

Sempre ispirava fiducia.

Nella mano sinistra

teneva la corona del rosario;

non la deponeva nemmeno

per segnare la retta degli alunni.

Sull’indice le si era formato un callo:

quante corone  ha sgranato!

Era di salute fragile;

ma questo non le impediva di

pregare,

servire la comunità,

fare piaceri a chiunque.

Una sera,

dopo una giornata di viavai,

la sentii dire:

“Adesso vado a riposare,

così

domani potrò fare di più”.

L’ultima volta che la vidi,

fu ancora lei ad aprirmi.

Era invecchiata.

Le chiesi:

“Non è stanca di fare la portinaia?”.

Mi rispose:

“Vecchia sì!

Malata sì!

Stanca no!”.

Suor Chiara

rimase fedele fino in ultimo

al suo servizio

umile ma prezioso.

Ora è morta.

Il suo ricordo

è nel cuore di chi l’ha conosciuta

e lei, forse, fa

la portinaia del Paradiso.

ORA SONO LA MAMMA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

ORA SONO LA MAMMA

Martina a 49 anni.

E’ vedova

e ha due figli.

Tre anni fa’

la sua vita

cambiò in un attimo:

un ictus celebrale

la ridusse in coma.

La tenacia dei medici

e l’assistenza dei familiari

riuscirono a placare

la violenza del male.

Il recupero

fu lento e sofferto.

Martina,

pur restando tetraplegica,

ha acquisito

una lucidità sorprendente,

una parola decisa,

una carica interiore grande.

Passa le sue giornate

in carrozzella.

Prega,

riceve visite,

ascolta la radio.

Con sguardo attento

e cuore aperto

accoglie i figli

di ritorno dal lavoro.

Li ascolta,

li consiglia,

li incoraggia,

ricorda loro gli impegni.

La sofferenza

nella sua crudezza

è come la notte che scende

nel profondo dell’essere.

Martina

ha acceso la lucerna

della fede,

ha varcato la soglia

dell’incomprensibile.

Sono stato a trovarla.

Le ho chiesto:

“Chi l’aiuta

a tirare avanti la casa?”

Mi ha risposto :

“ I miei figli

hanno imparato

e provvedono a  tutto.

Io prima

facevo la mamma,

ora

sono la mamma”.

 

Vivere

non è solo fare,

è soprattutto essere.

VOI SIETE DI PIU’

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

VOI SIETE DI PIU’

Il bombardamento

seminò distruzione e terrore

La gente scappò ovunque.

Marisa

perse il marito

sotto le macerie.

Sola e senza casa

partì

con il figlio di sei mesi

al collo

e gli altri due

aggrappati alla gonna.

Portarono nei sacchetti

Il tesoro di famiglia:

pane biscottato

bottiglie di latte

riso e zucchero.

Vennero 0a rifugiarsi

in campagna.

Qui la fame non finiva mai,

ma la solidarietà

aiutava a tirare avanti.

Come ogni uragano

anche la guerra finì.

Aveva stroncato grandi alberi,

ma l’erba piccola

e la gente piccola

sopravvisse.

Marisa tornò dalle sue parti.

Con coraggio

e spirito di sacrificio

affrontò la situazione .

Andava

negli uffici a pulire,

dalle signore a servire,

alla trattoria a lavare.

Si recava al mercato:

raccoglieva,

tra scarti di frutta e verdura,

ciò che poteva essere

pulito, bollito, utilizzato.

Per far quadrare il bilancio

spezzava la lira in quattro.

Eppure

era fiduciosa

e volle

che i figli studiassero.

Qualche mese fa

se n’è andata carica di anni.

Al funerale

il figlio più giovane disse:

“Nostra madre

ci ha amati

con amore tenero e forte.

Ci ha educati

alla fede nella Provvidenza.

Ci ripeteva:

Il Padre Celeste,

nutre gli uccelli del cielo,

ma per Lui

voi siete di più”.

NOZZE DI DIAMANTE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

NOZZE DI DIAMANTE

Partecipai

alle nozze di diamante

di Andrea e Giulia :

Lui 84 anni e lei 81.

Nel ristorante a tavola

erano attorniati

dai novi figli con le mogli,

da 11 nipoti già sposati,

da nipoti ancora da sposare

e da pronipoti.

Questi ultimi,

prima che venisse servito

il dolce, portarono davanti a loro

un pacco

ben confezionato.

Andrea,

incuriosito,

cominciò a scartocciarlo.

Vi trovò una scatola

e dentro questa un’altra

con la scritta:

“Continuate ad aprire.

Troverete un Tesoro”.

Di scatola in scatola,

arrivò all’ultima.

Estrasse un bel quadro:

riproduceva

la foto del loro matrimonio.

Giulia

si alzò per vederlo meglio.

L’uno accanto all’altra

si guardarono con tenerezza,

si abbracciarono

tra l’applauso dei presenti.

Il loro amore aveva

la stessa intensità

del primo incontro.

Andai loro vicino e chiesi:

“Qual è la vostra gioia

più grande?”

Andrea mi rispose :

“Ho figli e nipoti sposati.

Nessuno

è divorziato o separato.

Le nostre famiglie sono unite.

Per me è un orgoglio.”

Gli chiesi ancora :

“Cosa direbbe

A uno che sta per sposarsi”?

Prima che mi desse la risposta

a voce,

la lessi nei suoi occhi:

 

“Per mettersi con una persona

bisogna essere capaci

di sopportarne i difetti.”

Convivere con le buone qualità

è facile,

ma non dobbiamo dimenticare

che l’altro è imperfetto

come noi.

LA FORMICA DELLA PARROCCHIA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

LA FORMICA DELLA PARROCCHIA

“E’ lo Spirito

non la carne

che dà la vita”,

Dice Gesù.

Ci sono persone

fisicamente fragili,

ma con volontà tenace.

Ci sono malati

consumati dal dolore,

ma con la speranza di guarire.

Ci sono handicappati

gravemente segnati,

ma con la serenità del cuore.

Ci sono anziani

carichi di anni ,

ma con la voglia di vivere.

Ci sono donne e uomini

provati dalle difficoltà,

ma con il coraggio di lottare.

Da tempo

osservo una parrocchiana

esile nella costituzione,

riservata nel tratto.

I suoi anni

sono cresciuti;

ma la sua dedizione

ha la freschezza di sempre.

E’ assidua alla chiesa,

disponibile con tutti.

Porta la Comunione ai malati.

Lavora per le Missioni.

Distribuisce la stampa .

Consegna testi per preghiere.

Partecipa a gruppi.

Fa catechesi.

Sbriga faccende di casa.

I suoi passi sono

come le lancette d’orologio;

non si fermano,

non hanno fretta

e scandiscono

il compiersi del tempo.

Un giorno l’ho incontrata

mentre rincasava,

sola,

da uno dei suoi impegni.

Mi è venuto spontaneo dirle:

“Ecco

la formica della parrocchia”

Guardando la formica

capisco che

non

i gesti occasionali,

ma

lo Spirito che anima

con pazienza e  tenacia

l’impegno di ogni giorno,

costruisce il Regno di Dio.

NONNA MARIA, GRAZIE!

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

NONNA MARIA, GRAZIE!

Nonna Maria

ha 87 anni,

salute buona,

mente vivace;

è vissuta sempre tra

casa,

campi,

chiesa.

 

La vidi la prima volta

nel settembre scorso:

fu un piacere.

Nella sua frazione

c’era la festa degli anziani.

Venni chiamato

a celebrare la Messa.

Al termine di questa

Lei

mi raggiunse in sacrestia ,

mi chiamò per nome

a prova che mi conosceva

e fece per darmi una busta.

Pensando

che contenesse un offerta,

le dissi:

“La dia all’altro sacerdote.

A me basta

aver pregato con voi”

L’altro sacerdote intervenne:

“Prendila.

Guarda cosa contiene”.

La infilai in tasca.

Gli occhi di nonna Maria

brillarono di soddisfazione:

era la gioia

di chi sa fare gesti buoni.

Ricordai di aprirla

dopo cena.

Fu una sorpresa:

c’era una pagina

del Coltivatore Bresciano

con

la mia foto

e il testo delle mie dimissioni

per motivi di salute.

Un biglietto,

scritto a mano,

ordinato e ben leggibile,

diceva:

“Questo è un suo ricordo.

L’ho tenuto caro.

Per lei continuo a pregare”.

A nonna Maria dico:

“Il suo gesto è squisito.

Lei sa cogliere

i gemiti del prossimo.

A lei è bastato leggere

quanto scrivevo sul giornale

per offrirmi la sua premura.

Noi ci conoscevamo,

ora l’ho incontrata.

 

Nel suo volto ho visto

un ‘anima

bella,

gradita al Signore,

ammirata da tutti.

TE DEUM DI FINE ANNO

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

TE DEUM DI FINE ANNO

Del veglione di fine anno

si fa un gran parlare.

Ristoranti e discoteche,

televisioni e radio

annunciano spettacoli e varietà.

C’è

chi fa spese

per sfoggiare vestiti originali,

chi estende inviti

per essere in più a divertirsi,

chi programma viaggi suggestivi

per rompere la monotonia del tempo.

Quella notte

sarà una grande liturgia profana

con musica, luci e cene.

Fuochi d’artificio

riempiranno di colori l’oscurità.

Bottiglie di spumante

saluteranno l’anno nuovo.

Da parroco

dicevo alla gente:

“Per fine dell’anno

evitate sprechi.

Preferite l’intimità della famiglia.

Venite in chiesa a ringraziare il Signore”.

Al tramonto del sole

facevo suonare a distesa le campane.

La Messa era solenne

con

chierichetti, corale, gruppi e autorità.

L’incenso

avvolgeva di profumo l’altare.

L’organo

riempiva la navata di melodie.

Nell’omelia

tratteggiavo

i principali avvenimenti trascorsi;

ricordavo

Battesimi, Matrimoni e Funerali.

Il momento più toccante era

il canto del Te Deum:

intonavo,

subentrava con vigore il coro,

rispondeva compatta l’assemblea.

Il grazie della comunità

saliva al cielo

maestoso e solenne come un tuono.

Uscendo da chiesa,

sul sagrato,

nel buio,

si udiva lo scambio frettoloso

degli auguri.

A casa

il cenone di famiglia

era già pronto.

La gioia di stare insieme

e il sapore di cose buone

facevano sentire che

il grazie a Dio

è il saluto migliore al nuovo anno.

MANI E COSCIENZA PULITE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

MANI E COSCIENZA PULITE

Quando giunsi in cascina,

Ernesto

era appena tornato dai campi

e stava lavandosi alla fontana

posta in fondo al cortile.

Mi salutò

e mi fece accomodare in casa.

Presso il focolare

la nonna

si scaldava al calore

di una tenue fiamma;

guardandomi,

fece con il capo un cenno

eloquente più di un discorso.

Sedemmo al tavolo

grande e massiccio,

testimonianza tangibile che

la famiglia è numerosa.

Sopra c’era il giornale.

Ernesto

lo dispiegò con le sue mani

callose per il lavoro,

nodose per l’artrite,

scure

come la terra che toccavano

ma pulite perché appena lavate

e sempre dedite

ai frutti della loro fatica.

Ernesto

lesse ad alta voce:

“All’età di 89 anni

inquisito per tangenti

di un miliardo e 700 milioni”.

Alzò gli occhi,

li fissò nei miei

e commentò:

“Qualcuno pensa

di campare sempre

e di arrivare chissà dove.

Mia madre

ha pure lei 89 anni.

Ha mani e coscienza pulite.

Gli unici suoi tesori

sono i figli e i nipoti.

E’ vissuta amando,

ora

le basta sentirsi amata”.

Mentre ascoltavo,

pensai alle parole di Gesù:

“Accumulate tesori

non sulla terra,

ma in cielo,

perché là dove è il vostro tesoro,

sarà anche il vostro cuore”.

IN NOME DEL PANE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

IN NOME DEL PANE

E’ domenica.

I rintocchi delle campane

invitano a Messa.

Provengono da vari campanili,

ma sembrano suonare all’unisono.

Le Parrocchie della Zona Pastorale

vivono la stessa esperienza.

In ogni chiesa

c’è un profumo intenso:

accarezza l’olfatto e stuzzica l’appetito.

Davanti agli altari

stanno grosse ceste colme di sacchetti

di pane.

La gente domanda: “Come mai?”

Ogni boccone di pane

ha una storia

di intelligenza e ingegnosità,

di fatica e di sudore,

di attesa e di speranza;

inizia con il grano:

seminato, cresciuto, macinato, impastato;

passa nel fuoco:

la cottura lo rende fragrante;

arriva sulle mense:

le allieta con il suo sapore.

Gesù

prende il pane

per fare l’Eucarestia;

sul nostro piccolo frutto

fa scendere il suo dono immenso.

Il parroco spiega:

“Oggi

condividiamo il pane

per condividere la vita”.

Un sogno

affascina e anima i cuori:

deve essere la parrocchia

la casa della carità.

I fedeli

si avvicinano alle ceste,

depongono l’offerta,

prendono un sacchetto.

Sul biglietto, che lo chiude,

leggono:

“In nome del pane

celebrato, portato a casa,

spezzato e condiviso

Amen!

Sì!

A Cristo e ai fratelli”.

.

UNA GIOIA TROPPO GRANDE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

UNA GIOIA TROPPO GRANDE

Numerosi giovani

giunsero da ogni parte d’Italia

per la Settimana di Spiritualità.

Erano segnati dalla fatica

del viaggio

e del loro vivere quotidiano.

I loro volti

esprimevano amore,

sprizzavano energie,

facevano innamorare.

Erano venuti

per stare con Dio

e per lasciarsi guidare da Lui.

Passarono la settimana

tra preghiere e istruzioni,

tra silenzi e condivisioni,

in un crescendo di impegno e di entusiasmo.

L’ultimo giorno

fu dedicato alle testimonianze.

Una giovane parlò così:

“Ho nel cuore

una gioia troppo grande

per tenerla solo in me.

Mi viene

dall’incontro con Dio

e dalla comunione con voi.

Quando giunsi qui,

la mia anima ardeva di sete.

Avevo bisogno

di rinforzare l’amicizia con Gesù;

ora Lui

mi ha dato più di quanto chiedessi.

Ero chiusa in me stessa;

ora sento che

il Gruppo è un valore insostituibile.

Qui ho trovato

tanti fratelli,

che vanno

come fiumi,

verso l’oceano sconfinato

dell’amore di Dio.

Ringrazio voi,

perché mi avete

ascoltato, sorriso, parlato”.

I presenti

applaudirono con calore.

Fu la conferma che

la vera vita

è quella vissuta nello Spirito.

UN PO' D'ACQUA IN BOCCA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

UN PO’ D’ACQUA IN BOCCA

Una donna

si lamentava del marito,

sempre così irascibile e di malumore

da rendere

insopportabile la convivenza.

Per portare pace in famiglia

chiese consiglio al confessore.

Questi le disse:

“Prendi un po’ d’acqua

dall’acquasantiera della chiesa.

Quando

tuo marito si arrabbia,

mettine un sorso in bocca;

però non inghiottirla.

Vedrai che farà miracoli!”.

La donna fece

come il confessore le aveva detto.

La sera

il marito

tornò a casa

nervoso come il solito.

La donna

prese un sorso di quell’acqua

e serrò le labbra.

Accadde il miracolo:

dopo pochi minuti

il marito si azzittì

e la tempesta in famiglia passò.

Anche nei giorni successivi

la donna

ricorse a questo rimedio

e tutte le volte

l’acqua provocò

lo stesso effetto miracoloso.

Anzi

il marito prese

a dirle parole affettuose,

a lodare la sua pazienza e dolcezza.

La donna

fu così felice

che corse dal confessore

a raccontare

il miracolo dell’acqua santa.

Questi le spiegò:

“Non è stata l’acqua santa

a fare il miracolo,

ma il tuo silenzio”.

 

Anche noi

chissà che effetti otterremmo,

se ogni tanto

chiudessimo la bocca

e stessimo zitti.

L'OGGI E' LA NOSTRA VITA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

L’OGGI E’ LA NOSTRA VITA

Giorgio

fu un giovane

entusiasta della vita,

convinto nella fede,

esemplare nell’azione.

Sopportò la malattia

con coraggio:

immobile,

privo della parola.

I suoi occhi

continuavano ad avere

sguardi limpidi.

Morì bene

come visse bene.

Il sacerdote,

che celebrò il funerale,

all’omelia

lesse il suo testamento.

Diceva:

“La mia anima

è tra le mani di Dio.

Voi,

che mi amate,

non rattristatevi

come chi non ha speranza.

Continuo ad esservi vicino

più che mai.

Dio

ha permesso la partenza

per amore.

Mamma e papà,

siate serene e fiduciosi.

Avete dato vostro figlio

a Dio:

non abbiate rimpianti.

Arrivederci

nella Casa del Padre”.

L’emozione fu grande.

Molti dei presenti piansero.

Nei cuori di tutti

c’era una certezza:

“In questa vita

si costruisce

la propria eternità”.

 

Il futuro è incerto.

Il passato non c’è più.

E’ nel presente

che possiamo

conquistare il Tutto

o perderlo per sempre.

L’oggi è la nostra vita.

LE GIOIE DELLA MIA VITA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

LE GIOIE DELLA MIA VITA

Remigio

mi avvicinò in sacrestia.

Aveva appena partecipato

alla Messa

dal suo solito posto

nel messo della navata.

Con un sorriso

luminoso

e grande come il suo volto

mi disse:

“Permetta

che le dica

le gioie della mia vita”.

 

Ogni cuore

ha le sue espressioni:

nascono dall’esperienza

e comunicano sentimenti.

Remigio continuò:

“Io e mia moglie

siamo nati nel lontano 1914.

Ci siamo sposati

il quattro febbraio del 1939.

Abbiamo avuto

cinque figli.

Questi ci hanno dato

quindici nipoti.

A un nipote

è nata una bella bimba:

Simona.

Domenica scorsa

l’abbiamo battezzata.

Eravamo presenti tutti:

è stato

l’incontro di quattro generazioni”.

 

La vita

è un grande fiume,

che scorre nel tempo,

dilatando gli argini

per donare

la freschezza delle sue acque.

Sul volto di Remigio

le lacrime brillavano

come le stelle nel cielo.

Noi

alle gioie della sua vita

aggiungiamo questo augurio:

“Il tuo nome

sia ricordato

di generazione in generazione”.

LE DUE MELE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

LE DUE MELE

Erano una famiglia numerosa:

genitori e undici figli.

Abitavano in aperta campagna.

Per raggiungere il paese

dovevano percorrere una strada

tracciata

tra prati e campi coltivati,

fiancheggiata a tratti

da alberi o da vigneti.

Il papà

era solito dire:

“Siamo poveri,

ma

degli altri

non prendere

nemmeno un filo d’erba”.

Un giorno

due sue figlie,

andando a scuola,

vennero avvicinate da un ragazzo.

Questi

diede loro due mele

e senza dire altro se ne andò.

Le fanciulle

prima

rimasero stupite,

poi

con quelle mele profumate

tra le mani

incominciarono a sentire

l’acquolina in bocca.

Fecero per addentarle.

La più grande intervenne:

“Saranno forse rubate?” .

Si ricordarono

dell’insegnamento di papà:

“Degli altri

non prendete

nemmeno un filo d’erba”.

Decisero di buttarle via.

A scuola

la più piccola,

convinta

che il gesto era stato buono,

volle raccontarlo alle compagne.

La maestra spiegò:

“Il papà vi insegna bene;

voi però avete

pensato male di una persona

e buttato via un dono della natura”.

Il senso morale

e la sapienza dell’austerità

devono essere la guida

della nostra vita.

NON SERVE VOLARE, BASTA VOLERE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

NON SERVE VOLARE, BASTA VOLERE

Quanta pubblicità!

C’è

sui giornali.

Alle televisione,

per le strade.

Ci raggiunge in casa,

riempie i negozi,

appare negli stadi.

Si serve

di tutto e di tutti;

cattura il sorriso dei bimbi,

spoglia la donna,

esibisce superuomini.

Suo scopo è:

creare bisogni nuovi,

diffondere prodotti,

sollecitare acquisti.

La pubblicità

è l’anima

dell’economia di mercato,

è il motore

della civiltà dei consumi.

Oggi ho visto

una pubblicità diversa:

non reclamizza un prodotto,

mette in luce un valore.

Ben venga questa pubblicità!

Sul giornale

sta la figura di Superman.

E’ il personaggio

buono e gradito ai ragazzi.

E’ in volo

per una missione di bene.

Il titolo dice:

“Per essere utili agli altri

non serve volare,

basta volere”.

 

Il testo recita:

“Ogni anno in Italia

quattro milioni di persone

si dedicano al volontariato.

Superuomini?

No!

Gente normale

che aggiunge alla propria vita

la possibilità

di rendersi utile al prossimo.

Servono altri come loro:

cose da fare ce ne sono tante”.

Oggi

c’è fame di bontà

più che di pane.

Educare ai valori

è un’opera paziente e lunga.

Anche una buona pubblicità

come questa

può suscitare desideri di bene.

Nel mio cuore ho scolpito che

il volontariato è

lo straordinario di ogni giorno.

A MIA NONNA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

A MIA NONNA

Cara nonna,

 

tu sei con Dio:

qualcuno

del nostro sangue

è lassù.

 

Tu ci fai sentire

il Paradiso

vicino

per noi.

 

Tu ci hai insegnato

che la vita è

un dono d’amore,

una strada con rose e spine.

 

Di te ci portiamo dentro

i lineamenti,

il sangue,

la tua anima.

 

Con te ci sentiamo

più uniti,

più buoni,

più credenti.

 

In te noi speriamo:

già prepari il posto

per sederci insieme

al Banchetto del Cielo.

UOMO DELLE BOMBE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

UOMO DELLE BOMBE

Un boato cupo e assordante

ha squarciato

la città,

la vita

il cuore degli uomini.

Attorno

palazzi sventrati,

vite stroncate,

capolavori distrutti,

cumuli di macerie,

aria irrespirabile,

odore acre.

Chi è stato?

Noi

non conosciamo il suo nome.

con sdegno

lo chiamiamo semplicemente:

uomo delle bombe.

 

Ha il volto come i nostri,

ma porta in corpo

la malvagità del mostro.

Cammina su questa terra,

ma non ha dignità e meriti

per abitarla.

Non sappiamo

se la giustizia umana

l’agguanterà

e gli farà pagare:

i morti di

Milano, Brescia, Bologna,

  1. Benedetto, Palermo, Firenze;

le sofferenze dei sopravvissuti,

la loro vita distrutta,

le case in frantumi.

A noi

Non è dato chiedere vendetta,

ma una cosa ci è certa

e la gridiamo forte:

Uomo delle bombe,

sulla tua fronte porti

il segno di Caino,

il marchio del fratricida.

Uomo delle bombe,

tu non puoi più

guardare le persone in volto,

conoscere sonni ristoratori.

Uomo delle bombe,

tu sei tormentato dal pianto

delle vittime

e dei loro familiari.

Uomo delle bombe,

hai una sola via d’uscita:

buttarti in ginocchio,

invocare il perdono,

e fare penitenza

per il resto dei tuoi giorni.

Uomo delle bombe,

noi ti affidiamo

alla giustizia umana

e preghiamo Dio

perché ti faccia sentire

il rimorso della coscienza”.

GUARDIAMO LE STELLE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

GUARDIAMO LE STELLE

Ho visto in televisione

le macerie

provocate dalla bomba

esplosa alluna di notte

nel cuore della città.

Bagliori di fotoelettriche

illuminavano attorno

segni

di distruzione e di morte.

Su un pezzo di muro

diroccato

ho potuto leggere:

“Siamo nel fango,

ma guardiamo le stelle”.

 

Mano

ignota e sollecita

come d’angelo venuto dal cielo

ha stampato lì una certezza:

nessuna bomba

per quanto violenta

riesce a seppellire

l’amore e la speranza.

 

La terra

può essere inondata

da valanghe di fango,

ma in cielo le stelle

continuano a brillare.

La mano di Caino

continua a falciare

corpi disarmati,

ma ogni anima immolata

è una luce che arde in più.

Nei giorni della confusione

leviamo gli occhi dal fango;

non lasciamoci irretire

dalla violenza,

dalla corruzione

dal peccato.

Guardiamo

le stelle del cielo:

non per sognare,

ma per ascoltare.

Nel fragore del sfascio

la voce del Figlio di Dio

ci dice:

“Non temete, piccolo gregge.

Io ho vinto il mondo”.

Guardiamo

le stelle anche in terra.

 

Sono

gli uomini di buona volontà,

i samaritani attenti ai fratelli,

i volontari pronti al soccorso.

Sentiremo

la voglia d’essere noi pure

luce che dirada le tenebre,

amore che vince l’odio.

Dopo la tempesta nella notte

tutto ricomincerà

in un mattino nuovo

UN PONTE D’AMORE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

UN PONTE D’AMORE

L’amore di una madre

è un miracolo grande

della creazione:

non ha ricompensa

su questa terra.

Mamma Dina

te ne sei andata

in silenzio

senza disturbare

lasciando capire

che eri intenta,

fino all’ultimo,

alle tue occupazioni

e ai tuoi servizi.

Un giorno

sei uscita da Dio

come un suo dono;

sulle nostre strade

sei passata veloce,

ora sei tornata

fiduciosa

alla Casa del Padre.

Dai tuoi dolori

per le tue fatiche,

con le tue premure

la vita

è sbocciata e cresciuta.

Sei stata una mamma

non solo di corpi

ma di anime.

Le tue gioie erano

il marito

e la famiglia;

la tua passione:

il lavoro,

l’educazione dei figli

e il bene da fare;

i tuoi luoghi:

la casa,

la chiesa

e il paese.

A tutti donavi

il tuo sorriso.

Al Signore parlavi

con confidenza.

Il tuo volto spirava

fede,

coraggio,

dedizione,

umiltà.

Con la tua morte

un ponte d’amore

si è fatto tra

questo mondo e l’aldilà.

Dal cielo tu

guardi,

chiami,

proteggi,

aspetti.

Noi pensiamo a te,

tu pensi a noi.

Noi preghiamo per te,

tu preghi per noi.

Mamma Dina

sono grandi

il pianto e la speranza

di quanti pensano

a te.

LUI E’ VIVO

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

LUI E’ VIVO

Davide

era un giovane

impegnato, generoso, forte.

Era cresciuto

come un virgulto d’olivo:

stimato,

circondato d’affetti,

desideroso d’amare.

Il suo volto

splendeva di luce

come il sole alto nel cielo.

I suoi occhi

erano aperti e attenti

alle bellezze del creato.

La sua mente

sognava progetti

per riempire il futuro.

Il suo cuore

come gemme di primavera

era carico di sentimenti.

I genitori

lo ammiravano,

in lui ponevano

tante speranze.

All’uomo

importa vivere a lungo,

per Dio

conta vivere intensamente,

amando

il candore,

le persone care,

il bene da fare.

La vita

è come la Messa:

un inizio,

segue il suo corso,

poi finisce

perché

il sacrificio è compiuto.

Davide

ha fatto in breve

ciò che bastava

per la sua eternità.

Un male inesorabile

lo ha stroncato

nel vigore della giovinezza.

Il suo corpo

è stato piantato

in terra.

La sua anima

è già trapiantata

nell’amore di Dio.

Lui

Continua a vivere

nel ricordo,

nell’affetto

nella preghiera.

In Dio

ci vede,

ci chiama,

ci ama,

ci aspetta.

Il tempo

è passato,

continua a passare;

ma il dolore

rimane grande in chi

lo ha amato

e continua ad amarlo.

A mamma Maddalena,

a papà Antonio,

a sorella Delfina

Cristo Risorto

dice:

“Non cercate tra i morti

lui è vivo”.

UNA REGINA DEL ROSARIO

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

UNA REGINA DEL ROSARIO

I gioielli

preferiti da mia madre sono

le Corone del Rosario.

 

Gliele trovo dappertutto:

sul comodino,

nel cassettone,

in cucina,

accanto al telefono,

nel cestello di lavoro,

nelle tasche.

Non so come ha fatto

ad averne così tante.

Vedo che

le usa di frequente:

di giorno,

dopo cena,

durante la notte.

Mi capita sovente

sentirla bisbigliare

in qualche angolo della casa.

Se le di coche disturba,

lei si fa silenziosa,

ma continua

a muovere le labbra,

e a contare con i grani

l’”Ave Maria”.

Una notte

non le percepivo il respiro.

Entrai nella sua camera.

Dormiva profondamente:

palpebre chiuse,

volto disteso,

labbra quasi sorridenti.

Il suo braccio destro

stava

fuori dalle coperte,

appoggiato sulla sponda

e sospeso nel vuoto.

Dalle dita leggermente piegate

penzolava la Corona.

Sembrava il sonno

dell’angelo della casa.

Un’altra volta

venne a trovarci

un mio fratello.

Questi

nel vedere la mamma

andargli incontro

con la Corona in mano

le disse:

“Sei una Regina del Rosario”.

Con il Rosario mia mamma

trasforma

la giornata in preghiera.

Contempla

la vita di Gesù e di Maria,

stende un manto di protezione

su quanti ama.

Più lo dice

e più lo direbbe.

Anch’io

talvolta lo recito con lei.

A ogni “Ave Maria”

Mi sembra dire:

“Ave Maria del Signore

Mamma Maria ti voglio bene”

E sento che l’amore

né ripete

né si ripete.

IL PIANTO DEI GIOVANI

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

IL PIANTO DEI GIOVANI

Giunsi in macchina

davanti alla chiesa

posta

al centro della frazione.

I rintocchi solleciti

della campana

invitavano i fedeli

a riunirsi per la Messa.

Sul sagrato alcuni giovani

parlavano tra loro

quasi a fatica.

I più avevano

gli occhi gonfi,

i volti solcati da lacrime.

Durante la notte era morto

per incidente stradale

l’amico Mario.

Uno di loro mi gridò:

“Perché è capitato?

Che senso ha morire a 15 anni?”.

Queste parole

mi scesero nel cuore

amare.

I giovani sanno

soffrire per gli amici,

piangere di dolore.

Il loro pianto

mi serrò la gola

come un nodo soffocante.

Chiesi

di esprimere il mio pensiero

che poteva ferirli.

Dissi:

“Ho visto

altre morti come questa,

tanti giovani piangere.

Passati i giorni,

è stato

come se nulla fosse accaduto.

Se voi sarete più responsabili,

il vostro amico

non sarà morto invano”.

 

Non aggiunsi altro

per rispettare

l’intimità del soffrire.

Entrato in chiesa

mi inginocchiai nel primo banco.

Al Signore chiesi:

“Dona ai giovani

lo sguardo sincero dell’amore,

e il volto pulito dell’amicizia”.

 

La morte

non è via d’uscita dal mondo,

è porta d’ingresso

all’eternità.

Il pianto degli amici

è come una finestra

Aperta alla speranza

UNA QUERCIA E I SUOI VIRGULTI

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

UNA QUERCIA E I SUOI VIRGULTI

Nella vallata si udirono

i rintocchi lenti e grevi

della campana.

Chi lavorava su per i pendii

si tolse il cappello

e fece il segno della croce.

In paese ci fu

un aprirsi di porte,

un incrociarsi di sguardi.

Era morta a 91 anni

la mamma con più prole:

Margherita.

Ancora giovanissima,

con poca dote,

era andata sposa a Tonino.

Dal loro amore

nacquero 14 figli:

tutti viventi.

In cucina avevano

l’unico mobile prezioso:

un grande tavolo massiccio.

Attorno ad esso

trascorrevano insieme

i momenti più belli.

Quando nasceva un figlio.

Tonino

ritagliava da qualsiasi legno

uno sgabello nuovo;

Margherita

sapeva aggiungere alla mensa

un posto in più.

La sua salma fu composta

proprio dove stava quel tavolo,

al centro della casa.

Durante la Messa del funerale

il vecchio parroco osservò

I figli uniti nei primi banchi.

Vide

sui loro volti

le lacrime brillare come perle.

Con voce commossa

alla predica scandì

queste poche parole:

“Margherita

è una grande quercia

con numerosi virgulti.

 

Ora

tanti piangono

presso la sua bara.

Le mamme moderne

sono piante

con scarsi frutti.

Alla loro morte

chi ci sarà

a rimpiangerle?”.

La perdita di una persona

lascia un grande vuoto

se la sua presenza

ha riempito prima tanti cuori.

LI VOGLIO TUTTI

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

LI VOGLIO TUTTI

Maria e Alberto

si sposarono a Milano

iil dodici ottobre 1908.

Il giorno delle nozze

giunsero loro

numerosi biglietti augurali.

Su uno

era raffigurata una tinozza

colma di tredici bambini.

Accanto

stava scritto in grande

“A scelta”.

Maria

osservò  il singolare disegno

e allegramente disse:

 

“Li voglio tutti”.

 

Fu esaudita:

tredici furono i figli

che Dio le mandò.

Maria e Alberto

si occuparono di ciascuno

Come se avessero solo quello.

Per loro

l’educazione era:

il compimento dell’opera di Dio

nei figli,

quasi la creazione

della loro anima,

un’impresa tutta divina

un sacerdozio tutto familiare.

Non mancarono

i momenti duri

di dolore e di sofferenza:

durante la guerra

dovettero trasferirsi altrove;

l’epidemia della spagnola

seminò di lutti il loro focolare.

Nel 1942

quando la famiglia

ancora aveva bisogno di loro,

morirono ambedue

a soli quattro mesi

l’uno dall’altra.

Uno dei figli scrisse:

“Mamma e papà

credevano nella provvidenza.

 

Li ho visti

sempre

tanto retti e saggi,

 

di quella saggezza

che era il riflesso

del loro animo

 

buono,

giusto,

timorato di Dio”.

 

Meraviglioso questo elogio!

 

Forse

non sarebbe mai stato scritto

se la scelta di Maria e Alberto

non fosse stata totale.

IL PROFESSORE E IL CONTADINO

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

IL PROFESSORE E IL CONTADINO

Andrea e Marco

erano fratelli.

Nacquero e crebbero

in una famiglia povera.

Il papà coltivava la terra

un po’ adagiata sul monte

e un po’ stesa al fianco del fiume.

Le inondazioni

spesso rovinarono il raccolto.

Andrea, il maggiore,

terminata la scuola elementare,

seguì il papà nel lavoro,

divenne pure lui coltivatore.

In natura

tutto ha un ritmo:

le stagioni,

le piante,

gli animali.

Andrea imparò a rispettare

i tempi

della settimana e del raccolto,

gli orari

dei pasti e della mungitura.

Si fece

preciso nei doveri,

puntuale negli appuntamenti,

garbato nel tratto.

Tutti

lo ritenevano

un vero galantuomo.

Marco, il più giovane,

aveva attitudine agli studi.

Proseguì la scuola.

Divenne professore.

Gli alunni lo ascoltavano volentieri.

I colleghi lo stimavano.

Si fece anche

la fama di conferenziere.

Venne

che i loro genitori

Vollero festeggiare

il quarantesimo di matrimonio.

Prenotarono al ristorante:

all’ora accordata

tutti furono presenti

tranne Marco.

Finalmente

arrivò anche lui.

Con garbo

si scusò del ritardo.

Andrea

gli andò vicino

gli mise la mano sulla spalla

e gli disse:

“Fratello,

noi stiamo stati di parola;

tu di parole ne dici tante

ma ne mantieni poche”.

Galantuomo

non è chi sa fare discorsi

ma chi è fedele alla parola data.

STAGIONE NUOVA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

STAGIONE NUOVA

E’ inverno avanzato;

alberi spogli,

nidi vuoti,

terra gelata,

erba afflosciata.

La campagna giace

in profondo letargo.

La nebbia avvolge

Ogni cosa in una coltre.

I colori si fondono

in un vasto grigiore.

Le case hanno

porte e finestre serrate.

La gente passa in fretta,

avvolta incappotti e sciarpe.

Pare quasi una morte.

Eppure

man mano i giorni passano,

il sole

bussa ad ogni cuore e seme,

la crosta del gelo

diventa più cedevole,

i rami

si fanno più flessibili,

le gemme si inturgidiscono,

le zolle aprono numerose fessure.

Tutto si muove.

l’Apostolo Paolo dice:

“La creazione geme

per le doglie del parto”.

Occorrono

occhi per vedere

i tremiti del risveglio,

orecchi per udire

i sussulti della vita,

attenzione per cogliere

i messaggi della terra.

Anche

la nostra storia sta vivendo

Il suo inverno:

decadenza morale,

corruzione politica,

inefficienza statale,

sfiducia nella gente,

disoccupazione in aumento.

Eppure

qualcosa di buono

comincia ad emergere;

tentativi di ricostruzione

sono in atto.

Occorre

credere che ci sono

uomini

capaci ed onesti.

Occorre

partecipare personalmente

per costruire

non tanto

la società dei consumi

ma la civiltà dei valori.

NON TI LASCERO’ SOLO

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

NON TI LASCERO’ SOLO

E’ la stagione delle influenze.

Mia madre

Si è messa a letto

Piena di febbre e di tosse.

Di tanto in tanto le chiedo

Come sta

E se ha bisogno di qualcosa.

Lei

Mi guarda con occhi lucidi,

mi parla con labbra arse,

mi dà consigli

per ordinare la casa

e per preparare da mangiare.

Si preoccupa più di questo

Che della sua salute.

Eseguo quanto mi dice,

e perché sia tranquilla

cerco di farlo bene.

Ho modo di apprezzare

quanto è prezioso il lavoro

che lei fa ogni giorno.

Portandole la colazione,

le dico:

“Mamma, ho già

arieggiato la casa,

ordinato camera e bagno.

Ora preparo il pranzo”.

Convinto

che non si sarebbe alzata,

ritorno in cucina.

Mi metto a disporre tegamini,

a dosare ingredienti.

Inaspettatamente mi sento dire:

“Bravo!

Sono anziana:

capiterà che rimarrai solo.

Tu sarai capace di sbrigarti

anche senza di me”.

Mia madre

senza farsi notare

mi ha raggiunto e riosserva:

Indossa un’ampia vestaglia,

in mano

ha la scodella vuota.

Fa un breve silenzio intenso

e aggiunge:

“Quando non ci sarò più,

nemmeno allora

non ti lascerò solo”.

Mi fermo.

Guardo

la sua statura

più bassa della mia,

il suo volto

pallido per la febbre,

le sue spalle

incurvate dagli anni.

In lei vedo

il sostegno della mia vita.

Anche Gesù,

prima di salire al cielo,

disse ai discepoli,

“Non vi lascerò orfani”.

L’amore non ha confini

né di luogo

di tempo.

PRETI PER AMORE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

PRETI PER AMORE

Perché fanno il prete?

Conosco tanti confratelli.

Hanno

la loro personalità,

il loro modo di fare,

anche i loro difetti.

Quest’ultimi

non sono un problema:

li fanno sentire umani,

simili a me e a tutti.

In loro

c’è ben altro che stupisce:

la disponibilità.

Stanno con i parrocchiani,

fianco a fianco

come uno di loro.

Condividono

gioie e speranze,

tristezze e angosce.

Lavorano,

ascoltano,

donano.

Entrano nelle case.

Salutano per strada.

Visitano i malati.

Giocano con i ragazzi.

Sperano nei giovani.

Aiutano chi è in difficoltà.

Comunicano fiducia e serenità.

Hanno una parola buona

per tutti:

a lui si rivolge

la mamma e il lavoratore,

l’uomo comune e il colto.

Perché fanno così?

Certamente

Non per interesse o carriera.

Queste prospettive

le offre il mondo;

non ci sono sulla strada

che segue il Crocifisso.

I preti

amano,

donano tempo e energie:

non per merito loro,

ma per grazia.

La preghiera

è il segreto del loro impegno.

I preti amano la gente,

perché amano Dio;

anzi

è Dio che ama

loro

e in loro ogni uomo.

ECCE HOMO

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

ECCE HOMO

Mio nuovo confratello

nel Sacerdozio,

 

penso ai tuoi anni di seminario:

sono un lungo cammino

di preghiera,di studio,

soprattutto di Grazia.

Un Sacerdote non si improvvisa.

 

Anche Gesù,

Sacerdote

sommo ed eterno,

trascorse la vita

preparando la sua liturgia.

Nel grembo di Maria

si fece carne.

Nella povertà di Betlemme

entrò nella storia.

A Nazareth

assaporò

gioie e lacrime,

fatica e sudore.

Per tre anni

camminò su strade diverse

si mescolò con la folla,

si rivelò ai dodici;

diede

ai poveri la beatitudine,

ai malati la guarigione,

ai peccatori il perdono,

ai sazi l’inquietudine,

ai trafficanti la frusta.

Il  Venerdì Santo

si presentò

sulla soglia del Pretorio

di fronte

alla terra e al cielo,

ai capi e alla città terrena.

Pilato disse:

“Ecce homo”.

Non un nome,

non un titolo:

era il Sacerdote

per tutti i tempi

e per tutti gli uomini.

Non aveva bellezza

che attirasse sguardi:

era percosso e schiacciato

per le nostre iniquità.

La folla

urlava:”Sia crocifisso”.

Lui

taceva:

stava in piedi

con le mani legate,

pronto per avanzare

verso l’altare della croce.

Confratello,

 

anche per te prete

è così.

Dio ti ha scelto tra gli uomini.

Il seminario

ti ha preparato e formato

come oro nel crogiuolo,

come creta nelle mani del vasaio.

Il Vescovo ti consacra per la Chiesa.

Tu

ti addossi

sofferenze e responsabilità

degli altri;

dalle cose che patisci

impari

l’obbedienza della croce;

sei l’immagine

dell’Agnello immolato;

fai

della tua vita un altare;

intercedi per molti

con il tuo sacrificio.

Sul tuo volto

appaiono i segni

della passione per le anime.

Anche per te

Si eleva il grido:

“Ecce homo”.

ECCE SACERDOS

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

ECCE SACERDOS

Gesù,

il Sacerdote,

si mise sulla strada,

che scendeva dal pretorio

alla porta più vicina.

Un piccolo corteo

lo accompagnò

al Calvario.

Con gesto sacerdotale

Egli

stese le braccia

verso il cielo e la terra.

Venne inchiodato

e non potè più lasciare

né gli uomini

né Dio.

Verso Lui

e per loro

lanciò l’ultimo grido:

“Tutto è compiuto”.

Mio nuovo confratello

nel Sacerdozio,

 

anche tu

sali l’altare

per la prima Messa.

Osservo le tue braccia

aperte

come quelle inchiodate

di Gesù.

Ascolto la tua voce;

come Gesù dici:

“Prendete e mangiate.

Questo è il mio corpo”.

Percepisco il tuo cuore:

batte

per il Signore

e per la Chiesa.

Anche tu

ti fai dono

totale

per sempre.

La navata si riempie

di musica.

Il coro canta:

“Ecce Sacerdos”.

 

Nel mondo

nulla sembra cambiare.

La terra

continua a sorridere in primavera

e a piangere d’inverno.

Gli uomini continuano

a vivere

e a morire.

Eppure

tutto è trasfigurato

con il sacrificio di Gesù.

L’Acqua viva

impercettibilmente

è penetrata

nella terra,

si è mescolata

alle nostre fatiche,

si è ingrossata

delle nostre lacrime,

si è tinta

del nostro sangue,

si è sprofondata

nei nostri abissi

e zampilla

trascinando tutto

con sé

nel più alto dei cieli.

Confratello,

 

il tuo essere prete

testimonia che

Gesù Sacerdote è all’opera

per creare

un mondo nuovo in cui

Dio

sia tutto in tutti.

LA MADONNINA INDORATA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

LA MADONNINA INDORATA

Stavo

per cambiare parrocchia.

Ero inquieto:

desideravo vedere.

In macchina

mi diressi verso il paese.

Dentro

portavo il mio segreto.

Dicevo a me stesso:

“Come è possibile

lasciare

una comunità per un’altra?”

 

Raggiunsi le prime case.

Fermai la macchina

presso il ciglio della strada.

Con lo sguardo

cercai il campanile.

Mi si presentò

con la sua Madonnina indorata,

lassù in alto

come madre che veglia sui figli.

Stetti a guardarla.

Maria si turbò,

quando l’Angelo le annunciò

che sarebbe diventata Madre.

Anche lei osò dire:

“Come possibile?”.

 

I miei sentimenti

furono anche i suoi.

Le sue braccia aperte

là sul campanile

mi ricordarono le sue parole:

“Eccomi

sono la serva del Signore”.

Rimisi in moto la macchina.

Feci l’inversione di marcia

e tornai a casa.

In me

c’era una certezza nuova:

la mia risposta

non poteva essere diversa

da quella di Maria.

Pregai:

“Signore

si faccia la tua volontà”.

La Madonnina indorata,

con le sue braccia aperte

là sul campanile,

mi attese

per essere accanto a Lei

sacerdote del suo Gesù.

PRIME PAROLE DA PARROCO

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

PRIME PAROLE DA PARROCO

Cari parrocchiani,

mi hanno consegnato

le chiavi della chiesa.

 

Accettandole,

ho accolto voi:

siete

entrati nella mia vita.

Ora sono vostro parroco:

mi avete atteso,

per me avete pregato.

Come

nel giorno della prima Messa

così ora

ripeto le Parole di Gesù:

“Prendete e mangiate.

Questo è il mio corpo”.

Vi dono,

in semplicità e autenticità

il mio tempo e le mie energie.

Consideratemi

servitore di Cristo

e operatore di pace.

Per essere fedele

al mio ministero

chiedo

al Signore la sua Grazia

a voi la collaborazione.

In questo momento

penso all’Apostolo Pietro.

Pietro disse a Gesù:

“Signore, sono un peccatore.

Non sono degno

che tu stia nella mia barca”.

Anch’io avverto

la mia pochezza e fragilità:

ma so

che Dio ha scelto nel mondo

ciò che è stolto

per confondere i sapienti,

ciò che è debole

per confondere i forti.

Pietro

fu sottoposto a un esame.

Gesù gli chiese:

“Mi ami più degli altri?”;

non gli domandò se era

istruito,

esperto organizzatore,

abile diplomatico.

Pietro rispose:

“Signore, tu sai che ti amo”.

Gesù replicò:

“Pasci le mie pecore”.

Lo stesso esame

viene fatto a me:

dal Signore e da voi.

Anch’io dico:

“Amo la Chiesa.

Spero di essere

un parroco dal cuore saggio”.

IL PARROCO

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

IL PARROCO

E’ domenica.

In chiesa osservo il mio parroco:

celebra la Messa.

Ascolto la sua omelia:

gli viene dal cuore,

la porge con sollecitudine.

Distribuisce la Comunione:

è la mensa di famiglia.

Da gli avvisi:

sono buone raccomandazioni

per il bene della comunità.

Alcune mamme

Lo raggiungono in sacrestia:

ognuna

ha qualcosa da confidargli.

Lui

ascolta, risponde,

saluta con cordialità.

Appena è libero,

lo avvicino e gli confido:

“Fa bene

sentire la voce del pastore”.

Anch’io fui parroco.

Lo feci con dedizione.

Ora non lo sono più:

mi rimane un ricordo caro.

Essere parroco è bello:

ha

il sapore della paternità,

la forza della grazia,

il peso della responsabilità.

Il parroco

è il segno che Dio è Padre:

l’Ordinazione

mi ha slargato il cuore,

il Mandato del Vescovo

glielo riempie.

Guardo il Crocifisso:

mi rivela ciò che più conta.

Gesù

ha pronunciato messaggi,

ha fatto miracoli,

ha avvicinato poveri e malati,

ma

si è rivelato Salvatore

soprattutto in Croce.

Anche il parroco

ha la sua Croce.

 

Fa l’ingresso in parrocchia

Come

Gesù entrò in Gerusalemme:

la folla osanna,

lui va in fedeltà al Padre.

Accoglie in cuore i parrocchiani,

dona loro affetto e energie,

sa che amare è dare la vita.

La gente

se lo vede portare la Croce,

dice:

“Costui è veramente

Un uomo di Dio”.

SIETE LA MIA FAMIGLIA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

SIETE LA MIA FAMIGLIA

Le ferie sono finite.

La vita torna ad essere

Consumata da un ritmo frenetico.

C’è sempre

un interesse nuovo

che affascina, muove, inquieta.

C’è qualcuno

che opera senza tornaconto?

 

In parrocchia

inizia l’anno pastorale:

c’è aria di ripresa.

Il parroco

chiama a maggior impegno

genitori e ragazzi,

giovani e anziani:

propone, raccomanda,

richiama, insiste.

Avvicina chiunque.

ha il calendario

fitto di incontri.

Nei momenti di pausa

è in chiesa

a pregare.

Donde gli viene tanta carica?

 

In un’omelia afferma:

“La parrocchia

è la famiglia del parroco.

Voi siete la mia famiglia”.

Lo stanno a sentire

bambini che ha battezzato,

sposi di cui ha benedetto le nozze,

genitori che con lui si sono confidati,

anziani che ha incoraggiato.

Il cuore del parroco

è quello del Pastore Buono.

Il suo zelo

è la premura di colui che ama.

Il suo lavoro

è servizio per il Regno di Dio.

Le sue mani

benedicono

e spezzano il Pane Consacrato.

La sua voce

annuncia le Parole di Vita Eterna.

Lui a noi dice:

“Voi siete la mia famiglia”.

 

Noi a lui diciamo:

“Tu ci sei padre.

Grazie

per il bene che operi nella comunità”.

E’ L’ANIMA DEL PAESE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

E’ L’ANIMA DEL PAESE

Non so

come si chiama,

come è composta la sua famiglia,

come va la sua azienda.

Lo incontrai

mentre usciva dalla Coldiretti.

Aveva evidenti i segni del lavoro nei campi:

viso abbronzato,

mani callose,

passo deciso,

sguardo scrutatore.

In campagna

si impara da natura e eventi a

osservare,

ascoltare,

ponderare.

Quel coltivatore,

vedendo un prete,

mi salutò con cordialità.

Gli chiesi da dove veniva.

Mi rispose

con il nome

della parrocchia e non del paese:

per lui

è più importante

appartenere a una comunità

che abitare in un luogo.

E aggiunse:

“Il mio parroco

è l’’anima del paese:

ci tiene uniti,

ci incoraggia,

ci rasserena.

E’ un vero padre.

Le sue prediche ci danno

el fiat (la carica)

per tutta la settimana”.

Queste parole

dette da un coltivatore,

mi fecero piacere.

Pensai di telefonare

a quel confratello.

Lui non era in casa.

Mi ascoltò la mamma.

Questa,

sorpresa e contenta,

mi disse:

“Il prete,

come Gesù,

ha il cuore

del Buon Pastore”.

IL PIANTO DEL PRETE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

IL PIANTO DEL PRETE

Qualcuno può pensare

che il prete non abbia lacrime.

Ho partecipato

alla Messa di congedo

celebrata da un parroco,

che lasciava la parrocchia

per andare in un’altra.

Nell’omelia

ha salutato i fedeli

con parole

cariche di sentimento

e condite di pianto.

Mi ha fatto ricordare

quando anch’io

non ho contenute le mie sofferenze.

Chiunque

ha un cuore sensibile,

può trovarsi a piangere.

Gesù ha pianto:

sulla tomba di Lazzaro

suo amico,

su Gerusalemme

città del suo sacrificio.

 

Il prete può piangere di gioia

per

un incontro intenso con il Signore,

una condivisione felice con i fratelli,

un’anima che si ravvede,

un’iniziativa riuscita bene,

una celebrazione commovente.

Il prete può piangere di dolore

perché

ci sono momenti di

lotta,

incomprensione,

scoraggiamento.

Le sue lacrime,

tante volte restano chiuse

nello scrigno dell’intimità.

Il Signore

le conosce e le conta:

le cristallizza in gesti d’amore.

Il prete

è un fratello

con la nostra stessa sensibilità.

Porta a noi,

fiducia e speranza,

ma vengono dall’alto.

Anche il suo pianto

può essere

un dono di Dio

PASSA ALL’ALTRA RIVA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

PASSA ALL’ALTRA RIVA

Gesù

disse agli Apostoli

“Passiamo all’altra riva”.

Quelli presero la barca

e partirono.

Partire significa:

lasciare

e andare verso l’ignoto.

C’è anche il pericolo della tempesta.

Chi vuole seguire Gesù

non può tirarsi indietro.

Gli Apostoli

se l’avessero fatto,

non avrebbero visto

mare e vento obbedire

alla Sua Parola.

Confratello,

il Vescovo

ora dice a te:

“Passa a un’altra parrocchia”.

 

Lasci

la comunità che hai amato e servito.

Interrompi

una storia di sacrifici e di gioie.

Incontrerai

gente nuova in attesa

d’essere da te capita e aiutata.

Chi ti da la forza

per fare questo passaggio?

San Paolo scrive:

E’ l’amore di Cristo

che ci spinge.

 

Gesù è morto per tutti.

Tu sei prete per la Chiesa.

Il tuo “sì”

ti fa come Lui.

Se nel tuo cuore

ora c’è tempesta,

presto gusterai

il miracolo della pace,

che Gesù dona a chi lo segue.

Nel Calice

delle Messe che celebrerai,

insieme alle fatiche della giornata,

ci saranno i ricordi del passato.

Se lo sentirai pesante,

ti sostenga questa preghiera:

“Signore,

tu non privi mai della tua guida

coloro che hai stabilito

sulla salda roccia del tuo amore”.

STO ALLA PORTA E BUSSO

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

STO ALLA PORTA E BUSSO

“Cambia il Parroco”.

 

La notizia

si diffonde rapidamente

di casa in casa.

Suscita

sorpresa e commenti.

La gente si domanda:

“Il parroco che c’è,

conosce tutti,

sa come prenderci:

perché se ne va?

chi verrà

dovrà cominciare da capo:

come sarà?”

Il prete

è come l’albero,

che ha affondato

le radici nel terreno:

più è cresciuto

e più è faticoso trapiantarlo.

Per il prete

lasciare la parrocchia

è

strappare un pezzo di vita.

Per la gente

c’è la fatica di adattarsi

a chi verrà.

Perché cambiare?

 

Dio è Padre.

Gesù è Buon Pastore.

Lo Spirito è Santificatore.

Il prete

è segno del loro amore infinito.

Ogni prete

con il suo essere e fare

ne svela qualche aspetto.

Il succedersi dei preti,

diversi

per personalità e comportamento,

fa capire che

il Signore è novità inesauribile,

Lui solo è la Via, la Verità, la Vita;

suscita riconoscenza

verso chi ha operato bene;

invita a vedere in chi è presente,

Cristo

che sempre dice:

“Ecco, sto alla porta e busso.

Se qualcuno

ascolta la mia voce e mi apre,

cenerò con lui

ed egli con me”.

LE CROCI DEL PRETE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

LE CROCI DEL PRETE

Il prete ha le sue Croci.

Osservo l’esperienza

mia e dei confratelli.

Vedo che sono tante.

C’è la propria indegnità.

 

Il prete

celebra la Messa,

e si batte il petto.

Conferisce i Sacramenti

e resta un povero strumento.

Predica il Vangelo

e questo giudica prima lui.

Testimonia

la verità che c’è in Dio

e avverte

la menzogna che c’è nell’uomo.

Capire è difficile.

 

Come

la madre sta attenta al figlio,

così

il prete osserva la gente.

Eppure gli sfuggono

eventi, drammi, silenzi.

Sente di non essere

portavoce puntuale

presso Dio,

testimone sollecito per i fratelli.

La comunione affascina.

 

Il prete sogna fedeli uniti.

Per questo

tace e ascolta,

copre e scusa,

rimprovera e sprona,

corre e attende.

Il suo cuore è l’abitazione

di Dio e degli uomini:

se manca qualcuno,

non si dà pace.

L’incomprensione fa soffrire.

 

Il prete

fa con amore,

ma qualcuno dice

che fa per mestiere.

Il prete

è di tutti

ma c’è chi lo vuole per sé.

Il prete

porta un bene spirituale

ma tanti

non capiscono e abbandonano.

Le croci sono pesanti,

ma Cristo

sostiene i suoi sacerdoti.

HO VISTO MORIRE UN PRETE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

HO VISTO MORIRE UN PRETE

Ho visto morire un prete.

Giaceva

sul letto fatto altare

per l’offerta definitiva.

Era

solo e spoglio.

Il prete

è una creatura per la solitudine.

 

Uomo tra gli uomini,

ha un’esistenza diversa:

Dio lo ha eletto per sé.

Nell’Ordinazione

prima prostrato a terra

poi con le sue mani in quelle del Vescovo,

definisce

una decisione tutta sua.

Nel ministero

sa stare solo

con i segreti delle anime,

sotto il carico degli impegni,

nella lode del Signore.

Non ha sposa

non ha figli;

ma

non è un isolato:

i fedeli lo chiamano Padre.

In silenzio

ama, soffre, spera.

Quando muore,

consuma il suo sacrificio

nel nascondimento.

Con Gesù

dice:

“Tutto è compiuto”.

Il prete

è un’anima spoglia.

 

Con l’obbedienza

lascia i suoi progetti

per servire la Chiesa.

Con il celibato

sublima gli affetti

per dedicarsi alle anime.

Lavora

e sa che i frutti sono di Dio.

Emigra da una comunità amata

per servire un’altra.

Rinuncia alla parrocchia

e sente di lasciare la famiglia.

E’ come Gesù Spogliato

non tanto dai soldati,

ma dalla fedeltà al Padre

e dall’amore agli uomini.

Il funerale del prete

è luce di un’alba nuova.

I fedeli pregano e ringraziano,

perché le comunità

hanno avuto un pastore

saggio e premuroso.

E il Signore dice:

“Servo buono,

sei stato fedele nel poco,

entra nella mia gioia”.

DONNA CHI SEI?

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

DONNA CHI SEI?

Donna chi sei?

Il tuo volto

suscita emozioni.

I tuoi occhi

brillano come il sole.

Le tue labbra

baciano con calore.

I tuoi sentimenti

sono grandi,

il tuo amore

non conosce misura,

i tuoi sogni

non hanno confini.

Hai

il sorriso luminoso,

la voce suadente,

la carezza dolce.

Ti incontro ovunque:

per strada,

negli uffici,

al mercato.

Fai ogni lavoro:

la casalinga e l’insegnante,

la segretaria e la direttrice,

il medico e il magistrato.

Sempre meno

sei in famiglia,

entri in chiesa,

porti in grembo la vita.

Donna chi sei?

 

Prima che tu fossi,

c’era solitudine.

Adamo, vedendoti, esclamò:

“Questa è

carne della mia carne,

vita della mia vita”.

Fu

una dichiarazione d’amore,

un grido di stupore,

così forte

da lasciarne l’eco

in fondo a ogni cuore.

Tu sei la gloria dell’uomo,

in te confida il marito,

te i figli dicono beata.

Tu sei importante:

nella famiglia,

nella chiesa,

nella società;

per quello che sei,

per la tua presenza,

non solo per quello che fai.

Il tuo primo nome fu

Eva,

Madre dei viventi.

 

La vita

in te germoglia,

da te viene alla luce,

con te cresce e matura.

Donna,

se tu sei per la vita,

l’umanità

può sperare e sorridere.

UNA DANZA D’AMORE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

UNA DANZA D’AMORE

Per rendere lode al Signore

mi unisco alle voci del creato.

Non so

né quante sono né come sono.

Insieme

fanno l’armonia della vita.

Un pomeriggio d’estate

stavo seduto sulla roccia

accanto alla sorgente in mezzo alla valle.

Il mio sguardo spaziava

sul paesaggio incantevole.

Da ovunque

giungevano messaggi

nell’anima mia.

Il sole

compiva il suo viaggio nel cielo,

spandendo luce e calore.

Le nubi

scivolavano leggere

nell’immensità dell’azzurro.

Le montagne

con vette rocciose

si ergevano imponenti nello spazio.

L’aria

scorrazzava attorno

senza poter sapere

da dove venisse e dove andasse.

L’acqua

sgorgava fresca dalla fonte

e correva giù

a ingrossare il torrente.

Gli alberi

dalle fronde ondeggianti,

offrivano tra i rami ospitalità,

con l’ombra ristoro.

 

Le foglie

con il loro fruscio

sussurravano linguaggi indecifrabili.

L’erba dei prati

accarezzata da folate di vento,

proteggeva un’infinità di movimenti.

I fiori

tenevano aperte le corolle

a farsi ammirare da tutti

e baciare dalla luce.

Le api

frettolose raccoglievano nettare

e partivano con un carico prezioso.

Le farfalle

svolazzavano in colori

l’uno più vivace dell’altro.

I grilli

eseguivano instancabili la loro musica.

 

Le cavallette

saltavano da uno stelo all’altro.

Il serpente

strisciò tranquillo e innocuo.

La lucertola

arrivò sul masso a scaldarsi

e sembrava ansimare per la corsa fatta.

Gli uccelli

volavano con battiti d’ala diversi

in cerca di cibo

e a raggiungere il nido.

Innumerevoli germogli

si guadagnavano una crescita faticosa e lenta.

Ogni creatura

eseguiva il suo movimento,

mostrava le sue forme e i suoi colori,

emetteva la sua voce o il suo rumore.

Una grande danza

cantava

la gioia di esistere

e l’amore per il Signore.

CREDO LA VITA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

CREDO LA VITA

La vita

è un dono:

sono

solo un amministratore,

non padrone.

La vita

è gioia,

sempre

e dappertutto,

anche quando

sul mio cammino

trovo

cattiveria,

freddezza,

solitudine

e duro inverno.

In ogni uomo

c’è mio fratello,

al di là

del colore della sua pelle,

dei suoi difetti,

dei suoi errori,

di quello che la gente

dice e pensa di lui.

Nel cuore

di ogni uomo

c’è sempre

un germe di bontà

che devo

scoprire,

accettare,

apprezzare

e valorizzare.

Nella vita

vale

essere

non avere.

La bontà

non muore

con il corpo,

ma resta

e trasforma

gli uomini e il mondo.

Credo che

questa mia vita

è voluta,

amata

e guidata da Dio.

Credo che

questa mia vita

è vissuta in pienezza,

se rispondo con amore

a Lui

e ai fratelli.

Credo che

questa mia vita

è giudicata in bene,

se la do senza

calcoli

e tornaconti.

Credo che

questa mia vita,

iniziata nel tempo,

si completerà

e si perfezionerà

nella casa del Padre.

DONNA, PERCHE' L'HAI FATTO?

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

DONNA,  PERCHE’ L’HAI FATTO?

Ho visto in televisione

il cancello di una caserma aprirsi,

un soldato mettersi a fare largo.

Sono entrate

alcune giovani donne.

 

Hanno

indossato la divisa militare,

iniziato il primo addestramento,

provato a sparare e fatto centro.

Donna,

perché l’hai fatto?

 

L’uniforme

può farti sentire pari all’uomo,

ma non cancella la differenza

scolpita nella carne

e impressa nell’anima.

Il tuo valore

è ben superiore alle perle.

L’arte della guerra

ha l’amaro

dell’offesa della vita.

Donna,

tu hai

il senso delle culle

e il gusto del focolare;

ti sai

lenire le ferite

e coprire gli errori;

tu sei

il riflesso della bellezza

e l’immagine della bontà.

Nelle Forze Armate

concilia i giovani con la vita:

il mondo sognerà la pace.

L’arte della guerra

è una follia

contro l’umanità.

Donna,

tu porti la fatica dell’oggi

e speri nella luce del domani;

tu riempi d’amore il presente

e costruisci il futuro;

tu tieni accesa la lucerna

anche a notte fonda.

Nelle Forze Armate

vegli

sull’avvenire della civiltà:

la luce prevarrà sull’oscurità.

NON SOTTERRARE L'UNICO TALENTO

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

NON SOTTERRARE L’UNICO TALENTO

Non possiamo compiere

grandi cose

in ogni momento.

Sempre possiamo fare

qualcosa che corrisponde

alla nostra condizione.

Chi ha

doti,

salute

e possibilità

è chiamato a impegnare

tutti i suoi talenti.

Chi ne ha uno solo

e lo sotterra,

si sentirà dire:

“Servo malvagio”.

Il nostro Vescovo

visitò

un sacerdote infermo.

Lo trovò

con la corona del rosario

in mano

come suo solito.

Gli disse:

“Lei fa bene alla Chiesa

quanto io

girando da pastore

in tutta la diocesi”.

Una mamma

giaceva a letto

da mesi

consumata dal tumore.

Chiedeva al Signore:

“Non farmi

mai sentire

una donna inutile”.

La sua presenza,

la sua forza d’animo,

il suo consiglio

riempivano

la casa

e il cuore dei familiari.

Tacere,

sopportare,

soffrire

può essere più fruttuoso

di altre attività.

Stare in croce

può valere

più di una preghiera.

Il tempo

dato a Dio e ai fratelli

è

il meglio impiegato.

RAMI D'OLIVO

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

RAMI D’OLIVO

L’olivo

è un albero

benedetto da Dio

e ammirato dagli uomini.

Il suo tronco grugnoso,

le sue fronde trasparenti,

le sue foglie argentee

ispirano

poeti e pittori.

Il suo legno

è materia pregiata

per

intagliatori e scultori.

Il suo olio

allieta mense,

medica ferite.

dona vigore.

I suoi rami

sono simbolo

di pace

e di prosperità.

Come olivo verdeggiante

è l’uomo

che teme il Signore;

come virgulti d’olivo

sono i suoi figli

attorno alla mensa;

come olivo

maestoso nella pianura

è la sapienza.

Come rami d’olivo

innestati su radice buona

sono i credenti in Cristo.

Dal monte degli olivi

Gesù

pianse

su Gerusalemme

che tanti profeti

avevano ammazzato;

pianse

sull’uomo che non sa

dove stia e quanto costi

la felicità.

Con rami d’olivo

le folle

lo accolsero

e lo acclamarono.

Lo accompagnarono in città,

cantando:

“Benedetto Colui che viene

nel nome del Signore”.

Questi rami d’olivo

annunciarono

la vittoria di Cristo

sul peccato.

Cristo

entrò in Gerusalemme,

entra ovunque,

camminerà sempre

per salvare

ogni uomo.

I nostri rami d’olivo

benedetti

siano un canto

a Cristo

Re per tutti i secoli.

PASQUA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

PASQUA

Cristo è risorto.

Ogni giorno è Pasqua,

quando

un sacerdote

celebra la Messa,

ripete

le parole e i gesti

di Gesù,

lo rende presente

nel pane e nel vino.

Ogni domenica è Pasqua,

quando

il popolo cristiano

si riunisce

attorno all’altare

a pregare

e a sviluppare

vincoli di fraternità.

Ogni anno

ritorna la festa di Pasqua:

è la primavera

dello Spirito,

è l’alba nuova

del  paradiso terrestre.

Le anime,

la luce,

l’acqua,

il fuoco,

il cero,

l’incenso:

tutto viene

toccato,

benedetto,

santificato

dal Risorto.

Non siamo più

prigionieri

delle cose,

del peccato,

della morte.

Possiamo

dominare gli istinti,

usare bene le cose,

fare comunione

con Dio e i fratelli.

I nostri cuori

possono rinnovarsi,

le nostre anime

salvarsi,

la nostra vita

risorgere.

Quanto abbiamo

di bello e caro

non finisce

nella voragine della morte;

marcia verso

l’eternità e l’immensità.

Il salto da qui a là

ci spaventa,

come bimbi

impauriti dal buio.

Il Risorto

ci prende per mano.

Lui

passa per primo.

Noi

lo seguiamo con

fede, speranza e amore.

O MORTE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

O MORTE

O Morte,

sono stato in casa tua,

ho visitato il cimitero.

C’era

silenzio e quiete.

Anche i cipressi erano immobili

pur nella loro altezza.

C’era

tanto freddo

in ogni angelo e cosa:

aria, siepi,

lapidi, loculi,

portafiori e porta lumi.

Ho sostato presso le tombe.

Ho visto volti

di anziani e giovani,

di adulti e bambini.

I più erano a me sconosciuti.

Ho letto le scritte.

Alludevano

a vicende dolorosa:

passate,

forse anche dimenticate,

per i più certamente ignote.

O Morte,

su tutto

stendi il manto dell’oblio.

In me

alberghi

dall’inizio del mio esistere;

incidi

giorno dopo giorno

i tuoi segni.

Quando,

dove,

come

mi coglierai,

non è dato saperlo.

Al mio cuore d’uomo incuti paura.

A tanta gente rubi gli affetti.

Per te Gesù ha sudato sangue.

O morte,

ti guardo con la fede,

datami da Cristo Risorto:

 

la tua venuta

mi diventa una visita;

la tua voce mi suona

come chiamata.

Sei

la chiamata definitiva

del mio Signore

che dice:

“Vieni, benedetto,

nel mio Regno”.

IL TEMPO E' PREZIOSO

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

IL TEMPO E’ PREZIOSO

Da ragazzo

mi ripetevano:

“L’ozio è il padre dei vizi”.

Quando tornavo da scuola,

trovavo

nuove occupazioni

in cascina o nei campi.

In seminario

mi raccomandavano:

“Studia con impegno:

Cura la formazione personale:

la maturità futura

dipende

dall’intensità del presente”.

Da sacerdote

le urgenze pastorali

erano così incalzanti

da ridurmi il riposo.

Così

per esperienza

ho appreso che

il tempo è prezioso.

 

Purtroppo

ne ignoriamo il valore.

Lo sprechiamo

in tanti modi.

Talvolta

ci è dipeso

e non sappiamo cosa farne.

Gli amici

ce lo domandano

come se nulla fosse.

Gli opportunisti

che lo spremono

come un limone.

Giorno verrà che

un semplice quarto d’ora

ci parrà

più prezioso

di ogni altro tesoro

sulla terra.

Dio stesso

ci fa capire

con quanta cura

dobbiamo usare

il tempo:

ci dà un istante

e ce lo sottrae

nel darcene un secondo,

mentre il terzo

lo trattiene in mano sua,

lasciandoci incerti

se ci toccherà.

Non basta vivere.

La vita va riempita.

LA SINISTRA E LA DESTRA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

LA SINISTRA E LA DESTRA

Quando ero piccolo,

mi dicevano:

“Per il segno della croce

porta alla fronte

la mano bella;

per mangiare

prendi il cucchiaio con

la mano bella;

quando saluti

usa

la mano bella”.

La mano bella è la destra:

più forte e disinvolta,

più adoperata e valutata.

La mano sinistra

talvolta è impacciata,

fa d’aiuto all’altra.

Se ferita,

dicono:

“Meno male che non è l’altra”.

La sinistra e la destra

sono le mie due mani.

Un pomeriggio d’estate

mi fermai

alla fontana del villaggio.

Un getto forte di acqua

teneva colma la vasca.

Vi allungai la mano destra,

accostai la sinistra:

a vicenda

si bagnavano e si pulivano.

Insieme

mi rinfrescarono il volto.

Tra le pieghe del fazzoletto

per asciugarsi

si rincorrevano

e si nascondevano:

sembravano giocare

come sorelle.

Il gioco sotto l’acqua

delle mie mani

mi insegnò.

Scesi in me stesso.

Rividi il mio agire.

Il Signore

mi colma di Grazia.

Il peccato

mi carica di povertà.

Grazia e peccato

sono la destra e la sinistra

della mia anima.

Per la parte negativa di me

mi arrabbio,

mi rifiuto,

spengo

la fiamma dell’entusiasmo.

Ma no!

Devo accettare le mie debolezze

con sincerità e fiducia.

Le virtù che Dio mi dà,

correggono i miei difetti.

Il suo perdono

mi purifica.

Le due mani della mia anima

si lavano a vicenda

all’acqua della Grazia.

BEATO CHI TROVA LA SUA STELLA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

BEATO CHI TROVA LA SUA STELLA

E’ notte fonda.

Attorno tutto tace.

A farsi sentire

è solo l’anima mia.

Lassù nella volta del cielo

brillano infinite luci.

Beato chi trova la sua stella.

Nel pomeriggio per strada

ho incontrato una mamma:

teneva in braccio,

avvolto nella coperta,

il suo bimbo.

Mi ha chiesto:

“Ha poche settimane.

Sa dirmi se è nato

sotto una buona stella?”.

Vedendo

i suoi occhi pieni di luce

mi è venuto spontaneo dirle:

“Signora,

è lei la stella di suo figlio”.

Ha sorriso e sussurrato:

“Non ci pensavo:

proverò”.

E ha ripreso il suo cammino.

Beato chi trova la sua stella.

Quante sono le stelle?

Forse miliardi.

Ognuna

brilla di intensità propria,

ha un orientamento diverso;

ma tutte sono state sparse

da un’unica mano.

Dio

è il seminatore del cielo.

Mentre i miei occhi

contemplano le stelle,

la mia anima

è attratta da una verità

semplice e necessaria,

impercettibile come un punto,

carica

di tutti i tesori della luce.

Mi sento beato:

Dio è la mia stella.

NATALE SEI TU

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

NATALE SEI TU

E’  Natale.

Guardo il presepio.

La mia anima

si riempie di gioia,

le mie labbra

si aprono

alla preghiera.

Bambino Gesù,

conosci il mio nome,

mi benedici con i tuoi occhi,

fai tua la mia povera vita.

Maria,

fa nascere in me

l’amore per tuo Figlio.

Giuseppe,

insegnami ad essere

amico del silenzio.

Pastori,

riempite la mia anima

di dolce stupore.

Magi,

con oro, incenso e mirra

offrite anche la mia vita.

Stelle,

donate più luce

a questa piccola terra.

Colomba della pace,

posati sui Grandi

e infondi loro più umanità.

Gesù sei nato

per amare tutti gli uomini,

per salvare vicini e lontani,

per portare gioia e amore.

Con Te

la notte si rischiara,

il mondo si rinnova,

la salvezza inizia.

Fratello mio,

Natale sei anche tu,

 

quando comunichi

la tua meraviglia,

quando lavori per la pace,

quando sorridi,

quando aiuti,

quando sei libero,

quando ami nel silenzio,

quando soffri con gli altri,

quando sei felice con loro,

perché è allora che Dio nasce

dentro di te e intorno a te.

MAMMA M'HA DETTO NO!

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

MAMMA M’HA DETTO NO!

Mamma non m’ha voluto:

sono tornato

da chi son venuto.

 

In terra

con tanti bimbi

pure io

avrei desiderato

vivere e sognare,

sorridere e cantare,

correre e giocare.

Pure io

avrei desiderato

tanti fiori ammirare,

tante stelle contare,

tanti baci donare.

Mamma non m’ha voluto:

sono tornato

da chi son venuto.

 

In terra

con tanti bimbi

pure io

avrei seguito la mia cometa

o col cuore di poeta,

o coi colori del pittore,

o col genio dell’attore.

Pure io

avrei con gioia

in cielo volato,

nel mare nuotato,

sui prati camminato.

Mamma non m’ha voluto:

sono tornato

da chi son venuto.

 

In terra

con tanti bimbi

pure io

avrei con gioia

visto occhi belli,

amato i fratelli,

cantato con gli uccelli.

Invece

sono stato

dal cuore scacciato,

dal grembo strappato,

chissà dove buttato.

Come gli altri bimbi

vivere non potrò:

mamma m’ha detto no!

LA VERA GIOIA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

LA VERA GIOIA

Ero alla festa degli anziani.

Una nonna

carica di anni e di acciacchi,

disse:

“Nella mia vita

ho tribolato molto

e versato lacrime.

Mi sono impegnata.

Il Signore mi ha benedetta.

Gente buona mi ha aiutata.

Della mia vita

sono contenta”.

Oggi

parole come queste

sono rare.

Troppa risonanza

hanno

le negatività,

i difetti delle persone,

le disfunzioni sociali.

Si fa fatica

a vedere

i segni della Provvidenza,

il tanto bene

che c’è in ognuno,

l’utilità dell’impegno

per migliorare le situazioni.

La vera gioia

è una tristezza superata.

 

Chi è

felice,

perché tutto va bene,

non dà testimonianza a nessuno.

Chi è

povero e scontento,

malato e senza speranza,

incompreso e scoraggiato

anche questi

non insegna nulla

di nuovo.

Chi è

sereno

nella povertà,

nella malattia,

nella stanchezza,

nella solitudine,

questi

rivela d’aver incontrato

Qualcuno

che fa felici

pur nelle difficoltà.

Gesù dice:

“la mia gioia sia in voi

e la vostra gioia sia piena”.

IL VOLTO DI MARIA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

IL VOLTO DI MARIA

Gli artisti

hanno dipinto e scolpito

Madonne

dolci,

esteticamente perfette,

vestite da regine.

I fedeli

venerano la statua

di Lourdes,

di Fatima,

di Rosa Mistica.

In realtà

il volto di Maria

come sarà stato?

 

Quando andai

a Nazareth,

osservai molti volti

di mamme e fanciulle;

invano

cercai quello

che mi richiamasse

Maria.

Nei Vangeli

Maria

affronta

sacrifici e amarezze:

questi

segnano il volto.

Giuseppe,

suo sposo,

è un carpentiere.

Certe vesti sono un lusso

troppo costose

per la loro possibilità

e poco confacente

alla loro missione.

Maria

trascorre una vita

semplice e impegnata,

come tante mamme

che per i figli

lavorano

e si sacrificano.

Dio,

affidandosi

a una donna ordinaria,

non si sminuisce;

fa comprendere

quanto è grande

la maternità.

Il volto di Maria

si riflette

nel volto amorevole

di nostra madre.

IL CUORE DI MAMMA

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

IL CUORE DI MAMMA

Era la sera di Natale. La giornata in parrocchia era stata intensa. Terminata l’ultima messa, quella vespertina,mi ritirai in studio.

Annotavo alcune cose da ricordare. Seduto in poltrona assaporavo qualche attimo di sollievo.

Ad un tratto si aprì la porta.

Entrò mia madre: 86 anni, occhi vivaci, comportamento sciolto, volto dolce.

In mano teneva le ciabatte.

Senza proferire parola, abbassandosi davanti alla scrivania, le depose accanto ai miei piedi.

Provai disagio, come quando si riceve un dono inaspettato.

Pensai a Gesù che lavò i piedi ai discepoli.

Mia madre si alzò.

Standomi davanti diritta, si lasciò scappare, non tanto dalle labbra, ma dal cuore, questa dichiarazione: “Vivrei sempre per servirti!”.

Per servirti, mi ha detto.

Non per divertirmi…Non per campare di più…

La guardai stupito: mi sembrava diventata grande, grande.

Senza dirmi altro se ne andò.

Quello fu il più bel regalo di Natale.

Il giorno dopo avevo a pranzo alcuni sacerdoti. Mia madre ci serviva. Attesi che mi venisse vicina. Con modi da smemorato le dissi: “ Mamma, ieri sera quando mi hai portato le ciabatte, mi hai detto qualcosa. Potresti ricordarmelo?… Cosa hai borbottato?”.

Desideravo sentire ancora quella dichiarazione, anche per farla conoscere ai confratelli.

Mia madre finse di non capire.

Insistetti.

Lei si fece seria: forse intuì la mia intenzione, forse si rese conto d’aver detto una cosa troppo grande.

Con tono frantomi rispose:

“Quello che si dice con il cuore, non lo si ripete la seconda volta”.

E se ne andò svelta per non incuriosire i presenti.

Grazie, Signore, per avermi dato mia madre!

Grazie, perché mela concedi così a lungo!

Dobbiamo guardare con più comprensione al “cuore di donna” che ci sta accanto:

è il cuore della mamma,

il cuore della sposa,

il cuore della sorella.

Comprenderemo come è grande il progetto di Dio, che dice:

“Non è bene che l’uomo sia solo.

Gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”.

IL CHIERICHETTO DEL SORRISO

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

IL CHIERICHETTO DEL SORRISO 

La Pasqua era stata preparata con premura.

Giovedì, Venerdì e Sabato Santo avevano fatto vivere il mistero della Passione e della Morte di Gesù.

Alcuni Sacerdoti si erano resi disponibili per le Confessioni.

Le donne non avevano risparmiato “l’oio de’ gombet”.

I candelabri, il pavimento, i banchi erano splendenti.

I fiori ornavano l’altare, bianco di una tovaglia preziosa.

La corale avrebbe esibito un repertorio rinnovato.

I chierichetti si erano esercitati per il servizio liturgico.

Tutto era pronto.

Le campane cominciarono a suonare a distesa per la Messa Solenne.

Stavo in sacrestia.

I chierichetti arrivarono alla spicciolata…con qualche amico in più.

Per impegnare i nuovi, suddivisi le mansioni già assegnate.

Lo feci con cautela per non suscitare dissapori tra gli interessati.

Per ultimo arrivò Daniele con il fratello Isaia di cinque anni.

La mamma “li aveva tirati al bacio”.

Isaia si mise a fare come Daniele.

Scelse una tunichetta. Se la infilò.

Era la più piccola. Gli andava di troppo.

A lui bastava, pur di essere con gli altri, vicino all’altare, tra le luci.

L’avrebbe visto la mamma e la gente.

Le preghiere gli sarebbero riuscite più gustose.

Ricordai a ciascuno il proprio compito.

Daniele avrebbe tirato la corda della campanella al momento della Consacrazione.

Isaia era troppo piccolo…

Finsi di nulla.

Lui cercò di farsi notare: si scostò dalla fila, si alzò in punta di piedi, diede una efficace spintarella a chi lo copriva.

La mia fantasia non mi suggeriva altro.

Isaia non si diede per vinto.

Nell’uscire per andare in presbiterio mi si fermò davanti.

Fece un sorriso grande e con garbo sussurrò: “E io?…Che cosa faccio?…”

E’ stato come se mi avesse detto: “I torti non sono da fare…a nessuno…tantomeno a me…”

Il suo sorriso disarmava.

Mi venne da rispondergli: “Tu farai il chierichetto del sorriso…Sorriderai a Gesù”.

Questa battuta gli suonò strana.

Scrollò le spalle e raggiunse i compagni.

Durante la Messa più volte lo guardai.

Lui mi faceva il medesimo sorriso: sincero, piacevole.

Dalla navata la mamma lo osservava, compiaciuta.

Tutti l’avevano notato: il più piccolo e il più simpatico.

Dando le comunicazioni finali, accennai all’impegno dei chierichetti.

Dissi che erano stati bravi…che uno era il chierichetto del sorriso…

A Isaia scappò una grossa risata.

L’udirono tutti e si levò uno scrosciante applauso.

La corale intonò solenne l’ultimo canto.

Il Rendimento di Grazie al Signore fu grande.

Ora Isaia è cresciuto.

Quando lo incontro, lo chiamo ancora “chierichetto del sorriso“.

EL SOCH DE NEDAL

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

EL SOCH DE NEDAL

Con l’inverno nelle campagne la vita cambiava.

La nebbia copriva tutto con una coltre impenetrabile.

Le piante alzavano rami senza foglie,

come dita tese ad accogliere la brina che scende dal cielo.

Sotto le zolle i chicchi di grano, impregnati di umidità, si preparavano a vita nuova.

Gli uomini finalmente potevano godersi il riposo.

Ci si rifugiava nelle stalle, unico posto un po’ riscaldato.

Non c’erano termosifoni, ma solo l’alito delle mucche.

Non c’erano tendaggi ricamati, ma abbondanti ragnatele.

In compenso si stava volentieri insieme.

Si raccontavano le storie dei tempi passati.

Si giocava a carte.

Si preparavano gli attrezzi per il lavoro futuro.

Si pregava.

Quanta pace! Quanta compagnia! Quanti sogni coltivati!

Le giornate passavano lentamente, ritmate da alcuni riti tradizionali: l’uccisione del maiale, la Santa Lucia, la raccolta del muschio, il presepio.

Così arrivava Natale.

La vigilia, fino all’alba, c’era movimento.

Le donne riordinavano la casa, pulivano i pavimenti impregnati non di cera ma di terra, estraevano dall’unica credenza tutti i piatti, preparavano la tovaglia rossa profumata di pulito.

Sotto i porticati gli uomini mettevano ogni cosa al proprio posto.

Il cortile diventava l’aia per le grandi feste.

Il papà portava alla mamma quanto bastava per il cenone della vigilia: il cappone appositamente ingrassato, il primo salame della stagione, l’anguilla marinata, la verdura dell’orto.

Il pomeriggio era dedicato ad altre pulizie.

Insieme andavamo in chiesa.

Là ci attendeva il parroco.

La nonna ci aiutava a fare l’esame di coscienza, ci raccomandava di fare bene ogni cosa.

Poi uno alla volta, dal più piccolo al più grande, salivamo al confessionale.

Ritornavamo a casa più leggeri.

In cascina già si sentiva nell’aria il profumo di bollito e di tante altre cose buone.

Calato il sole, il buio avvolgeva nel silenzio tutta la campagna e invitava all’intimità.

Ci mettevamo a tavola.

L’appetito era forte, ma eravamo certi che sarebbe stato appagato.

Era bello stare insieme, mangiare insieme, parlare insieme.

Condividevamo i doni della Provvidenza e i frutti del lavoro vissuto nella fatica.

Quella cena era la più significativa dell’anno.

Sulla fine i nostri occhi di ragazzi tendevano a chiudersi.

Il sonno ci chiamava a letto.

Ma noi eravamo tenaci a non lasciare la tavola:

tutto era stato pieno di sapori,

anche le risate della nonna avevano divertito.

Era il papà ad alzarsi per primo.

Con la mano ci faceva cenno di pazientare.

Usciva sotto il portico e rientrava portando con le sue braccia nerborute il “ soch po’ gross” (il ceppo più grosso).

Lo metteva nel mezzo del focolare.

Sopra gli tracciava con la cenere una grossa croco.

Gli dava fuoco.

Noi stavamo a guardare.

La legna era poca; l’inverno lungo e rigido.

Che il “soch po’ gross” bruciasse durante la notte, mentre noi eravamo sotto le coperte, sembrava uno spreco.

Con la trepidazione che veniva dal rispetto ai genitori, quasi sottovoce, chiedevamo:

“Papà, perché l’hai acceso adesso?

Ormai andiamo a dormire.

Brucia inutilmente”.

Stretti attorno ai suoi pantaloni, tendevamo con lui le mani per sentire il primo calore.

I suoi occhi brillavano di emozione:

era la tenerezza del padre felice di comunicare ai figli la sapienza della vita.

Con la calma dei momenti solenni ci rispondeva:

“Questa notte nasce Gesù.

Sua mamma vedrà il fuoco acceso.

Scenderà qui in casa nostra a scaldare  i “panerei”.

E Gesù sarà contento d’essere venuto sulla terra, perché sentirà quanto gli vogliamo bene”.

Porte e finestre erano chiuse.

Per la nostra fantasia non restava altra entrata che il camino.

Con curiosità guardavamo su tra il buio.

Salivano le faville:

sembravano partite dal nostro cuore e luminose dei nostri sentimenti.

Il “soch po’ gross” diventava il “soch de Nedal”.

Andavamo a dormire sognando che

quella notte che avremmo ospitato la mamma più dolce: Maria.

Al mattino, ancora insieme, partecipavamo alla Messa Solenne di Natale.

I canti facevano risonanza alla gioia di tutti.

Salivamo a ricevere la Comunione.

A casa il “soch de Nedal” si era consumato.

Rimaneva la cenere e qualche braci.

Ormai non occorreva più.

Gesù aveva trovato un altro calore:

quello dei nostri cuori che erano per Lui.

TRE RICORDI PER UNA GRANDE PASSIONE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

 

TRE RICORDI PER UNA GRANDE PASSIONE

E’ bello far memoria del passato.

Significa:

lodare il Signore per le grazie che ci ha dato,

rivedere numerosi volti amici,

riascoltare cuori con i quali si sono condivisi eventi lieti e tristi,

rivivere la fatica per l’edificazione del Regno di Dio.

Conoscere il passato aiuta a capire il presente.

Gustare il patrimonio culturale e religioso accumulato da tante generazioni, investe di responsabilità nel custodire tale tradizione.

Ognuno di noi è un piccolo anello che forma la lunga catena della nostra storia.

Di tanto in tanto rivisito con ricordi cari il servizio sacerdotale che in nome di Cristo

ho cercato di svolgere per quasi undici anni a Botticino Mattina.

Ora mi vengono in mente tre episodi.

Sono semplici, ma per me sono emblematici.

Settembre 1977

Ero parroco da qualche giorno.

Venne riunito il Direttivo delle Acli.

Era urgente pagare alcuni debiti; ma la cassa era vuota.

Vidi con stupore ogni presente prendere dal proprio portafogli quanto più disponeva per raggiungere la quota necessaria.

Capii che stavo con gente “non di parole, ma di fatti”, capace di assumersi responsabilità e di pagare di persona.

Anch’io presi dalla tasca quanto avevo e lo aggiunsi al loro.

In quel momento iniziai veramente ad essere parroco:

nella solidarietà, nella condivisione, nella comunione.

Marzo 1982

Ci fu la Missione Parrocchiale.

Sette Sacerdoti Passionisti visitarono le famiglie, animarono i centri di ascolto, predicarono, confessarono, celebrarono.

Sono stati quindici giorni di Esercizi Spirituali.

Organizzammo la Messa anche nelle “cave di marmo”.

Le cave sono uno dei simboli del paese.

Lassù  ragazzi, giovani e uomini hanno vissuto esperienze intrise di fatica, di speranza, di umanità.

I cavatori prepararono il piazzale, allestirono l’altare con un masso, issarono tra le rocce una croce di ferro.

Invitarono i loro familiari. Vedemmo giungere anche tanti altri: pensionati con il cuore carico di nostalgia, nonne con il fiato grosso, ragazzi e adulti.

Quel pomeriggio le mine cessarono di sparare, i martelli pneumatici di battere, le ruspe di spostare rocciame.

Nell’iniziare la Messa, la montagna graffiata dalla forza dell’uomo, diventò come una grande chiesa: uno scenario pienoni mistero ci avvolgeva.

Attorno all’altare stavano i cavatori, ritti nelle loro tute, col capo fasciato nei loro caschi: silenziosi, pensosi, devoti.

Eravamo some sul Calvario.

Cristo stava per offrire in sacrificio gradito la storia di quanto là avevano consumato o stavano consumando le loro energie.

Comprendemmo il valore del lavoro vissuto in obbedienza al progetto della creazione, la dignità del lavoratore che si prodiga per la famiglia e per la società.

E’ stata quella la prima Messa celebrata nelle cave.

Siamo tornati in paese con la convinzione che ogni gesto, ogni movimento, ogni rumore delle cave fa parte della grande liturgia di lode che sale a Dio dall’universo intero.

18 giugno 1988

E’ stato l’ultimo giorno della mia permanenza come parroco.

Sostai in chiesa davanti al Tabernacolo.

Affidai al Signore il seme sparso nel cuore della gente.

Pensai alle vicende di tante famiglie, ai malati, ai defunti accompagnati al cimitero, al futuro dei giovani.

Per tutti pregai.

Prima di uscire baciai il pavimento: sentivo quella terra impastata con la mia vita. Giunto sul sagrato, mi venne incontro un uomo.

Mi mise la sua grossa mano sulla spalla.

Mi guardò negli occhi e ridisse:

“Per me in questi anni il prete è diventato importante”.

Sono tre episodi:

semplici, ma in me sono scolpiti con i caratteri indelebili della roccia.

Al Signore dico: “Ti lodo perché riunisci e vivifichi le nostre comunità parrocchiali e a noi doni le tue benedizioni.

UN’ ESPERIENZA BELLA MA VELOCE COME UN SOGNO

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

UN’ ESPERIENZA BELLA MA VELOCE COME UN SOGNO

Il tempo passa. Diventa ricordi di fatti lontani e di ieri.

Ricordare vuol dire:

rivivere i modi con cui abbiamo incontrato persone e cose,

coltivare una speranza più forte delle stagioni,

esprimere un desiderio di eternità.

Nel ricordo c’è amore, c’è sapienza, c’è curiosità di conoscere meglio la vita.

Tutto viene. Tutto vive. Tutto finisce. Tutto ricomincia in altro modo.

Ricordare è superare la distanza dello spazio e del tempo.

La mia esperienza di parroco a Borgosatollo è stata bella, ma veloce come un sogno.

 

L’inizio

Cari parrocchiani, scrissi sul bollettino, sono tra voi da pochi giorni.

Li ho vissuti intensamente e il mio animo è già pieno di emozioni.

L’accoglienza avuta, mi ha rivelato il vostro calore umano e la vostra stima per il prete.

Il giorno del mio ingresso, quando giunsi alle prime case, un bambino, sostenuto in braccio dalla mamma, mi consegnò un mazzo di fiori. Mi guardò e mi sorrise.

Fu come se qualcuno mi dicesse: “Non temere. Con te c’è il Signore e tanta gente”.

Più avanti ne ebbi la conferma.

Una folla mi attendeva.

I giovani mi vennero in contro con entusiasmo, tenendosi per mano; riavvolsero in una catena di fraternità: è stato l’abbraccio della gioventù con il parroco.

Nella chiesa gremita, con voi e per voi ho pregato e celebrato l’Eucarestia.

Ricevendo le chiavi, voi siete entrati nella vita.

All’omelia vi dissi:

“Cercherò di fare il parroco soprattutto con cuore.

Consideratemi servitore di Cristo e operatore di pace. In atteggiamento semplice ma autentico, vi dono le mie energie e il mio tempo…”.

Ora comincio a  muovere i primi passi:

ammiro le strutture sistemate con arte e sacrificio, seguo le liturgie partecipate e animate, imparo i vostri nomi, entro nei cortili e nelle case, visito i malati.

Già  mi confidate e affidate le vostre pene: vorrei essere il Buon Samaritano che si china sul fratello ferito per la strada della vita.

Al Signore chiedo: “Aiutami ad essere un parroco dal cuore saggio”.

Furono questi sentimenti con cui iniziai il mio ministero con entusiasmo e dedizione.

L’evento

Quaresima 1990.

Venni ricoverato in ospedale. Mi diagnosticarono la Miocardiopatia dilatativi: il cuore si dilata e perde forza contrattiva.

Mi prescrissero la cura, mi fissarono i controlli periodici, mi raccomandarono le precauzioni del caso.

Dilatare il cuore su misura del cuore di Gesù è l’ideale del cristiano, è la vita del prete;

è un lavoro faticoso, ma l’unico necessario.

Si tratta di amare ognuno che ci viene incontro, come Dio lo ama.

Essere celibi per il Regno dei cieli non significa privare il cuore e reprimere l’amore.

La sera del Giovedì Santo successivo, nell’omelia dissi:

“I medici mi hanno trovato il cuore ingrossato.

Ora posso e devo amarvi con un cuore più grande”.

La gente mi ascoltò con un po’ di stupore.

Il congedo

Giugno 1991.

Al Vescovo scrissi:

“Il cuore non ce la fa. Sono di inciampo al cammino pastorale.

Mi unisco a Gesù in croce. Con Lui dico: tutto è compiuto.

Per me il ministero di parroco è ormai consumato.

Affidate ad altri la guida di questa bella e benedetta parrocchia: a me sono bastati tre anni per amarla e portarla in cuore.

Anche se non farò il parroco, per tutti sarò sempre Sacerdote di Cristo”.

Alla gente comunicai:

“Il mio inizio tra voi fu meraviglioso. Ripromisi di fare il parroco soprattutto con cuore.

La malattia mi ha colpito proprio il cuore: è stanco di battere, ma non di amare.

Sento che non posso fare quello che devo e voi meritate.

LA SOFFERENZA HA VALORE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

LA SOFFERENZA HA VALORE

12 luglio 1992

Lino un anno fa rimase vittima di un grave incidente.

Stava recando con amici a Mondovì dalla Comunità Cistercense.

Una macchina li scaraventò fuori autostrada.

Lino fu ricoverato in rianimazione all’Ospedale di Brescia.

Iniziò un calvario di sofferenze.

Lo sta vivendo nell’abbandono fiducioso in Dio.

Oggi mi sono ricordato di questo anniversario.

Gli ho telefonato in segno di amicizia e metto per scritto la conversazione avuta con lui un po’ di tempo fa.

Mi rivolse parole cariche di saggezza e di speranza.

E’ bene che altri le conoscano.

Gesù dice: “Gli uomini, vedendo le vostre opere buone, rendano gloria al Padre che sta nei cieli” (MT 5,16).

Lino, cosa ricordi di quel giorno?

 

Dell’incidente non ricordo nulla.

Mi svegliai all’Ospedale.

Il Signore mi aiutò a stare tranquillo.

I dolori non mi pesavano più di tanto.

Come spieghi questo?

 

Accettai subito la mia condizione.

Avevo una cambiale in bianco.

Per un certo problema avevo pregato e mi ero reso disponibile a pagare di persona.

Ora la cambiale è arrivata.

Colui che mi stava a cuore fu il primo che riconobbi.

Gli dissi:

“Insieme possiamo aiutarci:

tu metti le tue rinunce,

io offro le mie sofferenze”.

Qual è stato il momento più doloroso?

I primi giorni furono i più duri. Ero immobile.

Faceva molto caldo. Non potevo né tergermi una goccia di sudore né modificarmi la posizione. Dipendevo in tutto. Venni sottoposto ad un intervento delicato. Comunque rimasi sempre sereno.

Nel dialogo intervenne la moglie.

Confermò: “Lino era in stato di tetraparesi: con la mente lucida e i quattro arti completamente paralizzati. Eppure faceva coraggio a tutti.

Nel letto accanto c’era un giovane infortunato: questi si metteva seduto, lo guardava e lo ascoltava stupito”.

Ricordi una visita particole?

Sì! Venne a trovarmi Orietta.

Mi portò i saluti del Gruppo Rinnovamento nello Spirito.

Mi disse: “Tutti preghiamo per te”. Stava andando a Lourdes in pellegrinaggio.

Promise di affidarmi alla Madonna: Mi venne da piangere non per il dolore ma per la gioia  della sua presenza e delle sue parole. Mi feci scrupolo di averla fatta restare male. Raccomandai a mia moglie di rassicurarla. Era stata un Angelo venuto a dirmi: “Con te c’è il Signore”.

Dimesso dall’Ospedale di Brescia, dopo dove sei stato?

Venni ricoverato all’Ospedale di Volta Mantovana. Là la fisioterapia è ben attrezzata. Non avrei mai pensato che il tempo per riprendermi sarebbe stato così lungo. Il personale mi assisteva con comprensione e competenza. Tra i compagni di stanza ci aiutavamo a far passare il tempo. Ascoltavo Radio Maria: per i malati è un conforto.

Chi ti è stato particolarmente vicino?

Per prima mia moglie: di giorno era sempre con me. Poi i figli, le sorelle e i fratelli, i            parenti, gli amici, il Gruppo. Ringrazio tutti.

Quando sei tornato a casa che impressione hai avuto?

Lasciai l’Ospedale dopo 7 mesi: avevo tirato avanti un giorno dopo l’altro.

Arrivato a casa, tutto mi sembrò più piccolo: la camera, la sala, la cucina, l’intero appartamento; ero abituato agli spazi dell’Ospedale. Sentii subito il calore e la sicurezza della famiglia. Mi ritengo fortunato d’essere nato e cresciuto in una famiglia cristiana come la mia.

Sei preoccupato per il futuro?

Un po’ sì!

E’ comprensibile perché non sono più come prima; ma sono certo che il Signore mi darà la forza di stare nella Sua Volontà. Gli chiedo l’uso delle mani per dipendere meno possibile dagli altri. Di più non domando: mi sembrerebbe di buttar via la croce.

Cosa ti insegna questa sofferenza?

Ho capito che la sofferenza ha valore: purifica il cuore e ripara il male che c’è nel  mondo. Se la vivo con serenità, posso aiutare anche altri.

A Lino auguriamo salute e coraggio. Al Signore eleviamo la lode perché compie prodigi nei suoi fedeli!

TRE SPOSE FORTUNATE

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

TRE SPOSE FORTUNATE

Stavano in chiesa nello stesso banco, l’una accanto all’altra.

Anche chi non le conosceva, come io, capiva che erano sorelle.

Terminata la messa, furono attorniate da alcune donne desiderose di salutarle.

Erano tornate a casa per un po’ di riposo dopo anni di missione in posti diversi:

Suor Maria a Singapore,

Suor Giulia in Brasile,

Suor Antonietta a Vimercate.

Andai a trovarle a casa.

Dissi loro:

“E’ bello vedere tre sorelle suore.

Come avete avuto la vocazione?”

Mi raccontarono tanti ricordi della famiglia, della parrocchia, dell’oratorio.

Il papà era conosciuto come “el parolot”.

Aveva amore alla casa, passione alla sua bottega e tanta fede nel Signore.

Ogni volta che usciva da casa per un viaggio di lavoro, baciava il Crocifisso che teneva nel cassetto della credenza in cucina.

Era orgoglioso delle sue figlie suore.

Agli amici diceva: ”Le mie figlie sono fortunate, hanno sposato il più ricco del mondo”.

La mamma era una donna di grande preghiera.

Piovesse, nevicasse, tirasse vento, ogni mattina andava alla Messa prima.

Parlava poco, ma quanto diceva era sacro.

Voleva che il papà fosse sempre il primo e per lui raccomandava ai figli d’avere tante attenzioni.

Ogni venerdì, giorno di mercato, ospitava qualche povero a pranzo.

Educò la famiglia alla fede, all’amore per il prossimo, al senso del peccato.

La parrocchia era la sua seconda casa.

Da ragazze frequentavano la Messa quotidiana, il Rosario, la Via Crucis, i Ritiri Spirituali.

Conoscevano bene i sacerdoti, le suore, i catechisti.

Nell’oratorio si appassionarono all’Azione Cattolica e all’animazione della gioventù.

Mi dissero:

“Bei tempi quelli!

Li portiamo in cuore”.

Da allora sono passati tanti anni.

Gli acciacchi si fanno sentire, ma il loro cuore ha lo stesso entusiasmo di sempre.

Chiesi:

“Cosa pensate della vostra missione?”.

Mi risposero:

Suor Maria: “Nessuna cosa al mondo può uguagliare una vita spesa per il Signore”.

Suor Giulia: “A servire i fratelli più poveri si riceve tanto bene”.

Suor Antonietta: “ “Vorrei dire a tutti che il Signore c’è e ci ama”.

Quanti le conoscono, apprezzano la loro serenità e dedizione.

IN MEMORIA DEL MIO PRIMO PARROCO

Briciole di bontà di Don Luigi Lussignoli

IN MEMORIA DEL MIO PRIMO PARROCO

Domenica 7 marzo.

E’ mezzogiorno. Sono appena tornato dalla Chiesa.

Squilla il telefono. Alzo la cornetta e ascolto.

Una voce, rotta da singhiozzo, mi dice: “E’ morto Monsignore”.

Rimango sorpreso e senza parola.

Sento spegnersi qualcosa della mia vita.

Mons. Pietro Faita è stato il primo parroco e sono il curato che più a lungo rimase al suo fianco.

Alla mente mi affiorano tanti ricordi.

A pochi giorni dalla mia Ordinazione Sacerdotale, il Vescovo mi destinò all’oratorio di Verolanuova.

Telefonai al prevosto: mi fissò l’appuntamento.

Arrivai a Verolanuova un pomeriggio di luglio:

luce e calore riempivano il paesaggio  e l’atmosfera, ma soprattutto il mio animo di giovane sacerdote.

Mi recai in chiesa.

Rimasi meravigliato della sua grandiosità e armonia.

Compresi di essere in una bella parrocchia.

Mi inoltrai per la navata, osservando gli altari di un lato e dell’altro.

Giunto sotto la cupola, notai su un banco il tricorno con il fiocco rosso: il prevosto era già presente.

Imparai presto a conoscere quel segno:

al mattino, nel pomeriggio e alla sera quella berretta la trovavo sempre sullo stesso banco e indicava che il prevosto era in chiesa, il più delle volte in coro a pregare.

Rimasi a guardare le tele del Tiepolo e del Celesti, fin quando vidi spuntare a fianco dell’altare maggiore e venire avanti in presbiterio la figura alta e agile di Monsignore.

Mi accolse presso i gradini.

Allargò le braccia e mi disse:

“Ti voglio dare un bacio”.

Si chinò e me lo stampò in fronte.

Poi mi portò all’oratorio; me lo presentò con parole essenziali.

Congedandomi, mi raccomandò di essere presente il sabato successivo.

Il 14 luglio 1962 iniziai il mio ministero di curato per la gioventù.

Il Signore mi aveva ordinato per sua grazia.

Il Vescovo mi aveva mandato con la sua benedizione.

Il Parroco mi aveva accolto con un  bacio.

Questo mi bastò per caricarmi di fiducia.

Quanto lavoro! Quante belle esperienze! Quante soddisfazioni.

Non mancarono i momenti di stanchezza e di difficoltà.

Ricordare quel bacio non mi faceva sentire mai solo e mi dava slancio per riprendere.

Per 13 anni rimasi al fianco di Monsignore come curato.

Il tempo passò veloce.

Gli anni e gli acciacchi incominciavano a farsi sentire.

Il rinnovamento del Concilio esigeva energie nuove.

Monsignore decise di lasciare Verolanuova.

Fu una scelta sofferta, coraggiosa, responsabile.

Toccò a me esprimergli a nome della comunità il ringraziamento e il saluto: ne conservo ancora gli appunti non solo con lo scritto ma nell’animo.

Al momento della sua partenza, mentre salivamo sui pullman e nelle macchine, il cielo si caricò di nubi.

Un forte temporale ci accompagnò per tutto il viaggio fino a San Zeno al Foro di Brescia, nuova sua sede.

Fummo in tanti a dire: “Anche il tempo ha evidenziato l’amarezza per il distacco del pastore dai suoi fedeli”.

Anche per me maturò il tempo.

Il Vescovo mi fece parroco a Botticino Mattina.

Mi bastò poco per capire che cosa è la responsabilità.

Di fronte al primo problema non fu più possibile rinviare ad altri la soluzione: la croce era tutta mia.

Incominciai così a sentirmi parte della comunità.

Dovevo provvedere a tante cose,  capire le persone, consigliare con saggezza, soprattutto precedere con l’esempio.

Desideravo per le solennità di Natale e di Pasqua, avere un altro sacerdote soprattutto per le confessioni.

Ne parlai a Monsignore: lui accettò.

Per tutti gli anni, sia a Natale che a Pasqua fu sempre da me.

Lasciavo a lui la celebrazione della Messa solenne con l’omelia.

La gente mi suggeriva che in quelle ricorrenze toccava al parroco.

Rispondevo con un sorriso.

In cuore sentivo che rendevo Monsignore contento e davo un esempio alla comunità.

Lui, a chi gli chiedeva dove trascorreva le feste, diceva: “Dal mio curato”.

Per lui sono sempre stato il suo curato.

Credo che anche dal cielo continui a vedermi così.

Al mio primo parroco esprimo affetto e prometto preghiere.